Se Amsterdam non ride… fenomenologia dei fondi pensione all’epoca della crisi

A raccontarlo fa quasi venire la pelle d’oca: la sola idea che i fondi pensione riducano le prestazioni ai pensionati spingerebbe in molte parti della vecchia Europa alla rivolta in piazza. Invece nei Paesi Bassi questa misura, seppur limitata ad alcune strutture e per pochi decimi di punto percentuali, è considerata una decisione drastica ma necessaria per proteggere i fondi pensione stessi. Certo, come è noto, nessuno può dirsi contento della propria pensione: perché non è mai come il reddito, perché a volte è molto distante dal reddito stesso, perché l’articolazione e la complessità dei sistemi previdenziali (tutti) difficilmente fanno capire che quanto si percepisce è in qualche modo “corretto”; e non si è soddisfatti della propria pensione anche solamente perché la si percepisce da anziani, quando il vigore degli anni non è più quello di una volta e l’idea di “togliersi finalmente quelle soddisfazioni a lungo rinviate” evapora talvolta di fronte alle difficolta.

Anche per compensare questo aspetto “psicologico”, le autorità olandesi sono intervenute per spiegare la ragione di questo taglio, indicando come la stabilità di lungo periodo sia un obiettivo da perseguire da subito e con coraggio. Il taglio, ad esempio, riguarda 81 fondi pensione invece dei 154 indicati da una prima indagine: un modo per dare ossigeno ai fondi ed evitare tagli ulteriori nel 2013. La misura ha riguardato meno del 20% dei 454 fondi olandesi e per una quota dell’1,9%, quasi simbolica, ma che ha interessato alla fine 7 milioni e mezzo di soggetti. Se gli olandesi non ridono, nel Regno Unito l’arrivo del piano di autoenrollment dei lavoratori britannici è accompagnato – forse non a caso – da buone notizie sull’andamento delle gestioni previdenziali: il deficit si è ridotto di un terzo, da 63 a 42 miliardi di sterline, mentre il “funding ratio”, ossia la copertura degli attivi sui passivi è passata dall’89 al 92%. Il dato di un mese non definisce una tendenza.

Di sicuro le prospettive sul medio termine non sono incoraggianti. Secondo una ricerca di Pyramis Global Advisors nei prossimi cinque anni oltre un terzo dei fondi pensione a prestazione definita non riusciranno a ottenere rendimenti in grado di dare copertura alle prestazioni che devono erogare. In Europa la percentuale sale al 51%, ben più alta che in Canada, 40 per cento, o in Usa 29%. Per contrastare questa tendenza due le ricette identificate dalla ricerca: investire nei paesi emergenti e utilizzare derivati a copertura dai rischi di perdita dovuti ad eventi straordinari, in un terzo dei casi. E i fondi italiani di questo tipo, in particolare le casse privatizzate, come si comporteranno?

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