Quattro cose che ho imparato utilizzando ChatGPT per intervistare Zio Paperone

In un film del 1959, Peppino De Filippo interpreta Re Ferdinando I di Borbone il quale travestitosi da borghese, si mescola al popolo per scoprire chi avesse scritto il testo di una canzone popolare che lo prendeva in giro. Avvicinatosi a un Pulcinella di strada, interpretato da Eduardo De Filippo, gli chiede chi fosse l’autore della canzone. Ed Eduardo/Pulcinella gli risponde: “Allora la storia di come nasce la canzone a Napoli voi non la sapete…?! E che ne sai… la canzone sta per aria, guarda là (indicando in alto) passa così e zac! E s’acchiappa una canzone. Stanno appese alle finestre, ai balconi, stanno per aria, come i panni che si asciugano al sole, stanno dappertutto… Come potete sapere chi l’ha scritta? Passano di bocca in bocca, una parola uno, una parola l’altro, gira per i popoli, chi può sapere chi ha scritto la prima parola?” Mentre preparavo l’intervista a Zio Paperone utilizzando ChatGPT (ebbene sì, senza scomodare Flaubert, l’autore di un’intervista che utilizza questo sistema di intelligenza artificiale è un giornalista in carne, ossa, tesserino di professionista ecc.) mi tornava alla mente la risposta di Eduardo/Pulcinella al Re Ferdinando I di Borbone (una risposta per buona parte mendace: il saltimbanco aveva capito bene che si trovava di fronte al Re).
Le risposte alle domanda rivolte in rete tramite ChatGPT sono un po’ come le canzoni napoletane: viaggiano in aria o nell’infosfera in forma potenziale, indistinta e solo l’intervento umano le rende reali. Di chi sono le risposte che Zio Paperone mi ha dato per tramite dell’intelligenza artificiale generativa? Evidentemente parliamo di ciò che ChatGPT ha reperito in rete attribuibile a Zio Paperone, raccogliendo terabyte di informazioni che circolano in rete da decenni, autonomamente rispetto alla domande che io ho formulato, attribuibili a un personaggio di finzione: basta utilizzare un comune motore di ricerca per rinvenirne un numero considerevole.
Quindi le domande che ho formulato hanno dato un ordine a questa massa di contenuto indicando un ordine di priorità, una parola chiave, un elemento di interesse, pescando nella massa di frasi attribuite al papero più ricco di Paperopoli. Ad esempio quando gli ho chiesto dell’inflazione, tema del n.1442 di Topolino, pubblicato il 17 Luglio 1983 (“Zio Paperone e l’inflazione galoppante”, testi e sceneggiatura di Guido Martina, disegni Studio Bonnet): argomento molto sentito in Italia in quella fase, visto che il tasso di crescita media dei prezzi al consumo quell’anno era stato del 14,7%, in calo dopo il 21,1% del 1980.
A ChatGPT ho chiesto di rispondere “come se fosse Zio Paperone che risponde alle domande dei suoi nipoti”. Questo un motore di ricerca o un algoritmo non lo sa fare così come invece lo fa un sistema di intelligenza artificiale generativa: In quel “come se” c’è tutto: la capacità della tecnologia di provare a copiare i comportamenti umani, con tutti gli esiti più o meno inquietanti se applicati all’industria bellica ad esempio. Questo occorre saperlo o, per meglio dire, occorre sapere che cosa si può ottenere da un sistema di intelligenza artificiale generativa ma soprattutto occorre conoscere il processo creativo e/o computazionale dell’essere umano, se si vuole riprodurlo, seppure per un personaggio di finzione o storico (si pensi a Le interviste impossibili, programma radiofonico degli anni 70 con personaggi della storia intervistati dalla redazione). E questa è la prima lezione da trarre da questa esperienza
La seconda lezione da trarre e che ne deriva direttamente è la più nota relativa all’AI: se hai a che fare con uno strumento di straordinaria potenza di calcolo, occorre imparare a saper fare le domande giuste. Il che, non casualmente, è esattamente ciò che un giornalista deve imparare a fare: che si tratti di una potenziale fonte reticente o di un politico ciarliero ma evasivo, un occhiuto motore di ricerca o anche un’Ai generativa. Ma attenzione, è l’esatto opposto di ciò che la scuola insegna: dare risposte, invece di saper fare domande.
La terza lezione da trarre è che ChatGPT 3.5 risponde in modo diverso alla stessa domanda posta in momenti differenti. Il che porta a dire che per l’AI generativa non esiste una sola risposta ultimativa e definita. E’ stato calcolato che la corrispondenza “sostanziale” tra un numero di 100 ripetizioni della stessa domanda a ChatPGT 3.5 non supera l’80% circa, cui si aggiungono le sfumature. I fattori di variabilità sono molti ma non numerosi e vari rispetto alla capacità umana di fornire risposte differenti alla stessa domanda, in momenti diversi (prova tu).
La quarta lezione è collegata all’uso che intendi fare delle risposte che ChatGPT fornisce: nel mio caso l’idea era di usarla per elaborare risposte “alla Zio Paperone” sui temi di risparmio ed educazione finanziaria, trasmettendo competenza in materia di denaro, al limite una certa parsimonia attribuita allo zione, prudenza e allo stesso tempo coraggio nell’affrontare le scelte, tipica di chi come lui è diventato ricco grazie con la corsa all’oro nel Klondike (nelle sue storie a fumetti: perché è una fiction, per chi l’avesse dimenticato). Come accade non di rado, ChatGPT ha risposto con riferimenti culturali tipici di Zio Paperone ma di non facile comprensione per il lettore de Il Sole 24 Ore (“devi evitare i rischi come le tempeste di Beagle”) o con vere e proprie allucinazioni: “devi risparmiare secondo un criterio, come quando affronti i deserti dell’Amazzonia”, mi ha risposto. Credo sia abbastanza noto a tutti che in Amazzonia non ci sono deserti. Era una risposta ironica? No, ma anche se lo fosse stata l’avrei tolta ugualmente, perché se a ChatGPT ho chiesto di esprimere risposte, lo scopo non era quello di passarle pedissequamente esibendole, ma di comunicarle a un pubblico, cioè a una pluralità di soggetti riconducibili a determinati background lessicali e culturali da cui chi scrive non può prescindere se vuole essere efficace. Per questo il ruolo dell’essere umano come guida, controllo, vidimazione di ogni parola, pause comprese, è insostituibile quando si lavora con l’AI generativa: per questo l’intervista a Zio Paperone grazie a ChatGPT l’ho fatta io (su idea di un collega, è il caso di dirlo) e io l’ho firmata. Lasciarla senza firma sì che sarebbe stata un errore. E con questa le lezioni sono quattro. Al meno per il momento.

(to be continued)