Alzi la mano chi non vorrebbe mettere i propri risparmi – tanto più se previdenziali e destinati quindi alla propria vecchiaia – nel comparto di un fondo pensione investito per il 66% in azioni, con la garanzia di guadagnare almeno il 2% l’anno (nominale lordo). Difficile, se non impossibile, resistere a questa tentazione. Che seduce anche chi è "caldo" sui bond: il rendimento minimo garantito per l’altro comparto è del 3,5% (30% azioni, il resto bond e monetario). Dispiace deludere tante mani alzate, ma ad offrire questa prerogativa previdenziale non è uno strumento aperto al grande pubblico, ma riservato a 1.800 persone circa: è il Fondo pensione dei dipendenti della Banca d’Italia, l’istituto di vigilanza del sistema del credito italiano. I cui vertici hanno siglato il 26 giugno 2008 (in vigore dal primo luglio) l’accordo che introduce le garanzie di cui sopra, con le rappresentanze sindacali Fisac-Cgil, Sindirettivo-Cida, Sibc-Cisal, Fabi, Fiba-Cisl e Uilca-Uil e la Falbi, il sindacato autonomo della Banca. Il testo definisce le modalità operative del fondo pensione e il «trattamento di quiescenza del personale assunto a far tempo dal 28 aprile 1993». Tra le 25 pagine, i dettagli della garanzia di rendimento minimo, che scatta nei casi di pensionamento (comprendente la prestazione reversibile e indiretta), premorienza, inabilità totale o permanente al lavoro. Un accordo coi fiocchi: in assoluto, perché rende residuale il rischio dell’esposizione all’azionario, visto che – male che vada – l’aderente porta a casa un +2%. E ancor più premiante se si pensa che dall’entrata in vigore di quell’accordo l’equity (almeno l’indice Mibtel, grazie anche al +25% dal 10 marzo in poi) ha perso la metà del proprio valore. D’altronde non stupisce che la principale istituzione finanziaria italiana offra ai propri dipendenti condizioni per loro particolarmente vantaggiose. Tuttavia, al di là della posizione delle rappresentanze sindacali firmatarie dell’accordo, c’è anche qualcuno insoddisfatto, dopo la liquidazione della posizione di un dipendente deceduto: nel suo caso la garanzia è scattata utilizzando il sistema time weighted, come prevede il testo dell’accordo all’articolo 12 bis: «Qualora il rendimento lordo su base annua della gestione del portafoglio di ciascun comparto assistito da garanzia, calcolato con metodologia “Time Weighted Rate of Return” (Twrr) sull’intero periodo di partecipazione, sia inferiore al tasso di rendimento garantito, l’aderente avrà diritto a un’integrazione in base ai sottoperiodi di appartenenza ai diversi comparti assistiti da garanzia». Che però a poche righe di distanza indica che «la garanzia di rendimento minimo, correlato al periodo di permanenza in ciascun comparto, viene riconosciuta sui versamenti effettuati al comparto stesso», quindi con il sistema money weighted. I due sistemi di calcolo producono risultati differenti e non è raro riscontrare per le stesse posizioni e in un medesimo periodo risultati di segno contrario. L’articolo 12 bis potrebbe, paradossalmente, far scattare la garanzia quando la posizione dell’aderente sia superiore al +2%, ad esempio, oppure non scattare in caso di un risultato inferiore al 2%. Un paradosso che alcuni aderenti al fondo pensione vorrebbero riformare (l’accordo non ha scadenza e può essere riformato solo dall’accordo delle parti). In Banca d’Italia si osserva però che l’utilizzo del sistema di calcolo time weighted deriva dall’esigenza di limitare la garanzia agli effetti delle decisioni del gestore. Con buona pace degli incontentabili di via Nazionale, che si potranno consolare investendo nel turbolento mercato azionario e garantirsi più di quanto offrirebbe un titolo free risk come un BoT.
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