Fondi pensione, il 2009 parte con un -0,8%

La premessa è pedante ma necessaria: non si può valutare in un trimestre l’andamento di un fondo pensione, che è chiamato a produrre rendimenti adeguati alle necessità dell’aderente di ottenere una pensione di scorta soddisfacente. I dati del primo trimestre 2009 sono attesi con una certa trepidazione da tutti coloro che hanno destinato il proprio Tfr alla previdenza complementare, dopo gli scivoloni dell’anno scorso. Le stime sui risultati a fine di marzo ci dicono che l’emorragia del 2008 – con rendimenti medi scesi dell’8,4% – pare in rallentamento: la performance media cala infatti dello 0,77% (al netto dell’imposizione fiscale). Non sono risultati in assoluto soddisfacenti; ma non sono nemmeno da trascurare i segnali positivi che emergono dai dati diffusi da Assofondipensione.

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Il bicchiere mezzo pieno…

Perchè se è vero che il rendimento resta negativo, è altrettanto vero che i gestori cui i fondi pensione si sono affidati sono riusciti a battere il benchmark in tre casi su quattro. Un risultato da non disprezzare, se nel 2008 i fondi comuni di investimento hanno battuto il proprio indice di riferimento solo in 16 casi su 100 (vedi «Plus24» del 10 gennaio). Incoraggiante anche la quota di linee che hanno fatto meglio del Tfr (cresciuto circa dello 0,5%), pari al 35% del totale. Complessivamente la media dei benchmark dei fondi pensione negoziali è sceso in misura più vistosa, dell’1,22%. Altro elemento che fa ben sperare è il fatto che in questi dati l’impatto del recupero di Borsa dai minimi del 9 marzo scorso è limitato (l’indice Eurostoxx ha recuperato circa il 25%); intanto, circa un terzo delle linee ottiene rendimenti positivi, anche se per buona parte si tratta di linee garantite; mentre inevitabilmente quelle a maggior componente azionaria soffrono (da inizio anno il Mibtel perde il 6 per cento).

… e quello mezzo vuoto

Certo, la differenza tra un’emorragia che si riduce e la salute resta comunque rilevante. Inoltre è tutto da capire quale sarà il trend futuro dei mercati finanziari e l’andamento dei titoli di Stato, circa i 75% degli asset nei portafogli previdenziali. Ma al di là di questi numeri, ciò che colpisce dei risultati di periodo è quella sorta di «effetto gregge», che porta i fondi a ottenere risultati poco dissimili tra loro: le linee garantite con poche eccezioni guadagnano tra l’1 e il 2%, le bilanciate oscillano tra il -2% e la parità e quelle a maggior quota azionaria calano del 4/5%. Una tendenza prodotta dal decreto 703/96, che in definitiva appiattisce le gestioni sui benchmark. Il decreto sui criteri e limiti di investimento che attende da anni una difficile riformulazione, fermata ora dalla possibilità – tramutata in rischio – di ampliare agli hedge fund il novero degli strumenti. Considerazioni che riguardano anche la gestione dei fondi pensione aperti

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I risultati del trimestre risultano leggermente peggiori complice la loro maggiore esposizione all’azionario, con un calo medio dell’1,39, con le performance positive di obbligazionari (+1,16%) e monetari (+0,87%) e negative degli azionari (-5,53%). Ma la vera sfida non riguarda certo i dati medi indicati sopra: quanto piuttosto l’adeguatezza della linea scelta dall’aderente alla sua anzianita anagrafica e professionale: da verificare nell’estratto previdenziale, che i fondi pensione invieranno loro nelle prossime settimane.