Finocchiaro (Covip): “Più ispezioni e fusioni tra fondi pensione”

«Viviamo un periodo duro e pericoloso: nel 2008 i fondi pensione hanno retto all’impatto della crisi finanziaria. Ma ora è necessaria una vigilanza sui fondi pensione molto attenta». Antonio Finocchiaro, da poche settimane presidente della Covip, la commissione di vigilanza sui fondi pensione, spiega in questa sua prima intervista le linee guida del suo mandato. E come intende rapportarsi con i soggetti vigilati. «È necessario che i fondi si sentano corresponsabili del processo di vigilanza. Le ispezioni in sede non sono una punizione ma un atto indispensabile e complementare alle ispezioni "cartolari", cioè all’analisi dei dati forniti alla Commissione».

Finocchiaro

Dottor Finocchiaro, che risorse avete?

Gli ispettori si contano sulle dita di una mano e i fondi sono 500. Quest’anno il contributo dello Stato scende da 700mila a 400mila euro. Inoltre non possiamo più assumere nessuno a tempo indeterminato: questo incide sulla possibilità di creare una struttura che porti la commissione fuori dal cono d’ombra. C’è molto da fare ma anche grossi vincoli.

Fuori dal cono d’ombra significa interventista?

Significa una commissione che fa vigilanza. E che contribuisce a estendere le adesioni ai fondi pensione, facendo leva anche sulla cultura previdenziale, a partire dalle scuole. L’indagine presentata la scorsa settimana dal Mefop al Cnel è molto utile, serve a capire quali sono i punti di forza delle adesioni e i motivi della diffidenza.

Dopo quanto accaduto sui mercati, pochi si prendono la responsabilità di spingere le adesioni…

Arrivato qui in Covip ho trovato una simulazione del 2004, in cui si verificava che nell’orizzonte di 30/35 anni qualunque linea di investimento era in grado di battere il Tfr. Valutare un fondo pensione in base alla rilevazione di un anno è un errore: la valutazione di un fondo va fatta sul medio lungo periodo.

È fiducioso dunque per la ripresa?

Sono d’accordo con Emma Marcegaglia per un nuovo tipo di relazione tra generazioni. Il punto è far crescere l’economia in modo che ciò crei nuovi posti di lavoro e lo sviluppo dei fondi pensione è collegato. Nonostante quanto accaduto le adesioni nel 2008 sono salite del 7%: è un dato interessante. La ripresa ci sarà, è storicamente e statisticamente inevitabile, anche se non so se abbiamo toccato il fondo oppure no.

Cosa cambierebbe per incentivare le adesioni?

Spetta al legislatore una valutazione sulle misure da prendere. Ed è necessaria un’attenta analisi su ciascuna di esse. Per esempio c’è chi considera un problema l’irreversibilità della scelta. Quali effetti avrebbe la possibilità di ripensamento ogni cinque anni? Come conciliare le esigenze del fondo e quelle dell’aderente? Anche una totale portabilità del contributo datoriale si presta a controindicazioni. Sono temi su cui bisogna riflettere.

Si discute di introdurre il lifecycle, ossia un meccanismo di adeguamento automatico alle linee di investimento. Cosa ne pensa?

Penso che sia uno strumento efficiente e tutta la Commissione è favorevole alla sua introduzione. Non è nostro compito imporne l’adozione ma metteremo in campo la nostra moral suasion perché i fondi pensione offrano ai lavoratori garanzie crescenti di rendimento con il crescere dell’età ed evitare perdite dell’ultimo minuto. A fine carriera lavorativa non si può rischiare.

La Covip aveva proposto una garanzia pubblica per chi si trova ad uscire in perdita dai fondi. Sacconi ha detto che preferisce una garanzia privata. Cosa ne pensa?

Sono d’accordo con il Ministro. Una forma di protezione è opportuna e deve essere a carico dei fondi stessi: una garanzia di capitale, non di rendimento, ma in ogni caso è opportuno che abbia una natura consortile, analogo al Fondo di tutela interbancario. La criticità sta nel metter d’accordo i 500 fondi. In alternativa si potrebbe spingere ciascuno fondo a creare un proprio cuscinetto di garanzia.

I fondi negoziali sono troppi: perché non aggregarli?

Sono assolutamente d’accordo, l’aggregazione è da incentivare per diminuire costi, ma non solo: il sistema non ha professionalità adeguate per tutti i fondi e quelli minori devono affidare i servizi all’esterno, con ulteriori costi. Ho trascorso 47 anni in Banca d’Italia e ho ben presente quanto è stato fatto in termini di moral suasion per ridurre del 40% il numero dei soggetti vigilati grazie alle fusioni. È un obiettivo perseguibile anche in campo previdenziale. E non mi si parli di difesa delle poltrone: i fondi che seguono le regole trovano in Covip un’alleata, anche nelle fasi difficili. Ma l’organo di vigilanza non deve limitarsi ad abbaiare: qualche volta deve anche mordere.

Tra le incompiute della previdenza, c’è la riforma del decreto 703/96 sui limiti e criteri di investimento. Lo si tiene così o lo si cambia?

È un tema rilevante, vogliamo riprendere i contatti. Oggi è difficile aprire i fondi pensione agli hedge fund, ma noi dobbiamo lavorare per i tempi medi, per dopodomani.