Pensioni flessibili grazie alla previdenza, quell’occasione persa per gli esodati

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Era l’inizio del 2011. A Telefisco, l’evento del Sole 24 Ore dedicato all’analisi e all’approfondimento delle novità normative dell’anno (Finanziaria, legge di Bilancio o legge di Stabilità) si analizza il decreto Salva-Italia. Sul palco gli esperti discutono sugli effetti dell’aumento dell’età pensionistica prevista dalla riforma Monti-Fornero sulla platea di chi – in ragione di accordi di secondo livello – esce dal mondo del lavoro in vista della pensione. Senza più un lavoro e senza ancora una pensione, migliaia di lavoratori si sarebbero trovati in un limbo indefinibile. Non si chiamavano ancora esodati, ma l’anomalia apparve subito a inizio 2011 davanti agli occhi dei presenti. L’attenzione di molti poi venne concentrata, grazie a quel tumultuoso “dibattito” di politica e politica economica tipicamente italiano, sulla quantificazione del numero degli esodati prima (ricordate le polemiche tra Inps e Ministero del Lavoro?) e sulle salvaguardie poi.

Altri come il sottoscritto, alcuni esperti e molti operatori dei fondi pensione, avanzarono e caldeggiarono una proposta semplice ed efficace: consentire all’esodato di accedere al proprio fondo pensione per “agganciare” l’innalzata età della pensione. Bastavano poche limature alla 262/2005 e la pensione integrativa e complementare avrebbe funzionato non in abbinata parallela alla pensione pubblica obbligatoria ma, diciamo così, in successione consequenziale, dando ossigeno a chi non l’aveva. Restava il problema per chi non aveva aderito ai fondi pensione e a chi non aveva accumulato un montante adeguato; ma questa possibilità avrebbe aiutato a rendere a tutti evidente l’importanza di questo sostegno individuale e volontario alla propria stabilità economica, educando cioè al risparmio previdenziale.

Ora, a cinque anni e mezzo di distanza, quell’idea è presa in mano all’esecutivo, come scrive Davide Colombo sul Sole 24 Ore:

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2016-09-06/pensioni-e-flessibilita-sgravi-chi-usa-integrativa-221710.shtml?uuid=ADXI1zFB

Cosa sarebbe accaduto se la politica fosse stata più reattiva nel recepire le proposte del mondo della previdenza? Un’idea ce la forniscono due numeri: il costo delle sette salvaguardie per i quasi 200mila esodati avrà toccato gli 11,4 miliardi di euro, secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio, nei dieci anni durante i quali sono previsti gli stanziamenti dei governi che si sono succeduti. Denaro che hanno eroso il 13% del risparmio previsto dall’introduzione della riforma pensionistica Monti-Fornero. Per tacer dell’omogeneità dei criteri di accesso alle salvaguardie: cui sono rientrati anche soggetti che all’entrata in vigore della riforma Monti-Fornero un lavoro in taluni casi ce l’avevano. In molti, in questi giorni, masticano un “l’avevo detto, che, non sarà elegante, ma che in questo caso è lo specchio di quello che è considerato uno se non il principale fattore di rischio per il sistema previdenziale: il rischio politico.