Cosa hanno in comune la previdenza e la fantascienza?

La domanda tiene viva la conversazione a cena e la risposta è un po’ sardonica: “Nè la fantascienza nè le pensioni sono reali”. La battuta è amara e si ferma lì. Ma di fatto ragionare e pianificare il futuro ha qualcosa a che fare con ciò che si immagina del futuro. Provate allora ad immaginare un Paese in cui il 35% dei furti in negozi e supermercati siano fatti da pensionati o persone in procinto di andarci, dove quattro anni prima questa incidenza fosse del 25%. Un mondo duro, in cui quasi la metà degli anziani vive da solo con un reddito mediamente inferiore del 25% ai consumi medi. Immaginate che la popolazione anziana nelle carceri sia cresciuta di cinque volte in 12 anni. Statistiche da brivido.

Un bravo scrittore di fantascienza potrebbe mettere in relazione i dati, ipotizzando che gli anziani rubino per bisogno e per farsi arrestare, ottenendo in carcere quell’assistenza che nella vita libera non trovano. Non mancano fiction e romanzi che trattano il tema. Che lo scopo sia educativo o di intrattenimento poco importa: da “Io, robot” a “Divergent” passando per “Minority report” e “Blade Runner”, la fantascienza ha parlato del futuro ponendo interrogativi al presente. Accadrà così anche in Italia?. Che contromisure potremmo prendere ora? Dirigismo paternalista o concorrenza tra soggetti? Ma soprattutto: è materia da ring televisivo per urlatori o disegni di legge da varare? Che servano interventi in materia è evidente per molte ragioni: dalla bassa educazione finanziaria all’insoddisfacente adesione ai fondi pensione complementari.

Non aiuta scoprire che oltre la metà delle nuove pensioni erogate nel 2015 sono di natura assistenziale, ossia non (del tutto) correlate con il versamento di contributi da parte di chi le percepisce: a carico della collettività, per circa 20 miliardi l’anno. A carico in particolare dei più giovani i quali non è detto che ricevano in futuro prestazioni analoghe. Comunque riceveranno pensioni inferiori a quelle di chi oggi ha già smesso di lavorare.

Lo scenario prospettato all’inizio di questo articolo non è fantascienza, bensì la cronaca quotidiana con statistiche correlate da un Paese simile al nostro dal punto di vista demografico: il Giappone. Un paese di serie A che vede il suo welfare messo a dura prova dalle sfide dell’attualità, cui è rimasto ancora qualche anticorpo utile per gestire l’emergenza. Ma non si può esser certi sul futuro. Per questo serve la previdenza: che non è solo l’insieme delle scelte che l’individuo compie per tutelare sè e i proprio cari sui rischi di lungo termine, ma anche le decisioni prese da politici e regulator. Per questo sulla scrivania del premier Matteo Renzi ci sono diversi dossier in cui si ipotizzano soluzioni per evitare uno scenario pensionistico giapponese: da un potenziamento della cosiddetta “busta arancione”, per farne uno strumento di educazione finanziaria e previdenziale permanente, ai miniritocchi pensionistici. Todo modo, per evitare di trasformare la fantascienza in attualità.