Per chi non lo sapesse, tutte le moderne teorie economiche – elaborate nel Novecento dai nomi più noti, da Keynes a Friedman – poggiano sulla convinzione che i comportamenti umani in materia di denaro siano razionali. A smentire questo assunto di base è giunto nel 2002 il premio Nobel per l’economia allo psicologo Daniel Kahneman, che con gli studi di finanza comportamentale ha smentito quell’assunto che rendeva falsificabile teorie molto spesso scollegate con la realtà. Perché la maggior parte dei risparmiatori sottoscrive strumenti costosi, poco liquidi e meno remuerativi rispetto ad altri strumenti concorrenti più redditizi, meno costosi e più liquidabili? Si tende a distinguere tra razionalità ed emotività, semplificando eccessivamente la descrizione del nostro agire. Si prenda il panico: non è certo un sentimento nobile e la vulgata ci prescrive di tenerlo a bada. Buona parte di chi era presente negli edifici del World Trade Center a New York l’11 settembre e per il panico è scappato via incurante degli appelli alla calma, si è salvato. Ogni nostra azione è una scommessa: quale fila alla cassa del supermercato o sarà più veloce? Si prenda il caso dell’Expo e la crescita costante delle code ai padiglioni, fino a un livello insostenibile. Perché la gente trascorre anche oltre 5 ore in fila sotto la pioggia a ottobre, quanto poteva attendere 40 minuti al sole tiepido della primavera qualche mese fa? Ciò che ci condiziona nei processi decisionali è il cosiddetto “rumore di fondo”: per mesi si è temuto (e in alcuni casi, scommesso) che al 1° maggio le installazioni non fossero pronte; poi che l’obiettivo dei 20 milioni di visitatori non potesse essere raggiunto, vista l’esiguità delle persone ai cancelli nei mesi scorsi. Le informazioni sul se e sul quanto hanno prevalso su quelle relative al come visitare l’Expo. Il cosiddetto herding (“effetto gregge”), o spirito gregario, ha avuto la meglio su ragione ed emotività. I singoli decisori in queste ore in coda hanno fatto una scommessa e il risultato mostra la sua inefficienza. Il tempo, oltre che galantuomo, è il miglior gestore. Prima si prende posizione e meglio è. La ragione diceva nel 2007 che chi rinvia di 15 anni la decisione di destinare il Tfr a un fondo pensione, vedrà ridursi la rendita del 9% circa. Ricordava un comico in tv che gli italiani prima di scegliere la strada da imboccare aspettano di vedere cosa fanno gli altri. Per poi prendere quella sbagliata.
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