I fondi pensione fanno pulizia dei costi di transazione

«Se lo spread bid/ask è "profondo", riesci a lavorarci dentro e ci ricavi qualcosa». Cosa significa? La traduzione dal gergo tecnico dei trader spiega che un broker potrebbe acquistare un titolo a un prezzo comunicandone al suo cliente un altro. In passato pare che sia capitato più di una volta; può accadere se la differenza tra bid/ask, ossia domanda e offerta di un titolo, è particolarmente ampia. In questo caso un operatore potrebbe ottenere un extra guadagno dato dalla differenza tra il prezzo indicato al cliente (in genere un gestore o un investitore istituzionale) e quello che effettivamente è riuscito a strappare. Nonostante le dichiarazioni di rispetto del principio della best execution delle operazioni. I prezzi, d’altronde, mutano continuamente, rendendo difficile la ricostruzione delle singole transazioni.

Non sempre i clienti, soprattutto i fondi pensione di dimensioni più ridotte, hanno gli strumenti per effettuare verifiche dettagliate: in particolare se la transazione in questione non passa dai mercati regolamentati, ma da quelli "over the counter"; impedendo di fatto in molti casi alla banca depositaria di avere visibilità sull’operazione. Proprio per evitare questo tipo di rischio, la Commissione di vigilanza sui fondi pensione ha prescritto ai soggetti vigilati una stretta sui controlli sull’attività dei gestori cui affidano i mandati: imponendo un’area finanza all’interno delle strutture e definendo in un documento di politica degli investimenti i presìdi di vigilanza sugli elementi di rischio della gestione. Un titolo che passa di mano a 9,90 euro invece che a 10,00, per un’operazione di un milione di euro produce una differenza di 10mila euro.

Ma quando sale il rischio che improvvisati Gordon Gekko arrotondino alle spalle di clienti? Può capitare, per esempio, quando il gestore utilizzi il broker della sua stessa casa e che i "chinese walls", i muri cinesi che dovrebbero separare le diverse unità, siano particolamente "bassi". C’è chi fa notare, inoltre, che i gestori incassano dai fondi pensione italiani commissioni ben più basse rispetto a quelle derivanti dall’attività in altri paesi europei: ma è un indizio insufficiente. Quel che è certo è che per ovviare da questo rischio diverse strutture impongono ai propri gestori di non utilizzare i broker della casa, condizione non sufficiente per mettersi del tutto al riparo da questo tipo di rischi. Altri l’hanno consentito, in virtù del fatto che questa preclusione potrebbe impedire al gestore di trovare il prezzo migliore. I controlli a posteriori da parte delle direzioni delle strutture previdenziali variano molto: c’è chi pressa quotidianamente i gestori per esser certo della loro correttezza e chi invece effettua verifiche a campione ogni sei mesi o ogni anno.

Ma è successo? In alcuni casi la scoperta di una circostanza di questo genere è stata seguita dall’azzeramento o forte riduzione delle commissioni per il gestore o dall’assegnazione ad altri gestori delle masse o dei flussi. Anche per questo l’attenzione per la materia e l’esperienza che passa in rete tra i fondi negoziali disincentiva comportamenti anomali. Per dormire sonni più tranquilli molti si stanno attrezzando per ottenere un "transition cost analysis", report periodico in cui sono inseriti i costi e le condizioni delle operazioni effettuate.

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