Un 2011 in grigio per i maggiori fondi pensione esteri

Ciascuno diverso dall’altro, ciascuno con l’obiettivo di garantire, seppur in forme diverse, una vecchiaia dignitosa ai propri iscritti. I maggiori fondi pensione a livello internazionale hanno vissuto un 2011 molto difficile: la crisi internazionale del credito ha imposto loro di rivedere tattiche e strategie di portafoglio per evitare di restare sommersi dall’onda anomala della crisi del credito. Ma anche le difficoltà legate alla gestione del portafogli azionario ha complicato la vita ai gestori. Per molti è stato inevitabile incassare risultati difformi dalle attese. E talvolta dagli obiettivi: i fondi pensione a prestazione definita o a capitalizzazione collettiva, infatti, individuano rendimenti obiettivo per garantire le pensioni erogate anno per anno.

È quanto accaduto al colosso statunitense Calpers: il fondo pensione dei dipendenti pubblici della California ha chiuso il 2011 con un rendimento dell’1,1%, contro il 7,75% indicato dai loro attuari a copertura delle pensioni da erogare. Più che gli hedge fund (-2,29%; i bond hanno guadagnato il 12,38% e il real estate il 9,92%) sotto accusa è finito il portafoglio azionario del fondo che, lo ricordiamo, ha un patrimonio pari a 234 miliardi di dollari e versa pensioni e altri benefit per 1,6 milioni di dipendenti pubblici californiani; il portafoglio azionario è sceso di quasi l’8%, contro un più 2,1% dell’indice Standard and Poor’s. Circostanza che ha riacceso il dibattito sulle pensioni dei fondi pensione sulla capacità delle generazioni future di contribuenti di finanziare le prestazioni erogate oggi. Lo stesso governatore Jerry Brown ha annunciato di voler rivedere i programmi pensionistici californiani. Se le condizioni politiche glielo permetteranno.

Diverso il discorso del danese Atp (assimilabile all’Inps italiano): il fondo pensione ha ottenuto un rendimento del 26%, pari a 125 miliardi di corone danesi (32,5 miliardi di euro), il massimo risultato della sua storia. E 99 dei 125 miliardi sono stati accantonati per le pensioni future. Il segreto del successo? «Si tratta – dice Lars Rohde, Ceo di Atp – della riuscita dei nostri sforzi per gestire e diversificare il rischio dei nostri investimenti. Ciò rassicura i nostri iscritti e garantisce le prestazioni future».

Se Copenhagen ride, Amsterdam piange: il Abp, il fondo dei dipendenti pubblici e insegnanti olandesi (246 miliardi di euro di patrimonio) ha chiuso il 2011 con un rialzo limitato al 3,3%, risultato che ha portato il funding ratio, ossia la disponibilità di risorse in base alle prestazioni, al 94% contro il 105% richiesto per fine 2013. Il board del fondo è passato alle contromisure decidendo di tagliare le prestazioni dello 0,5% a partire dall’aprile 2013 e di aumentare la contribuzione dall’1 al 3%, a partire dal prossimo 1° aprile.

Il piano, definito doloroso dai vertici di Abp, è stato approvato sia dai rappresentanti degli iscritti al piano previdenziale sia da quelli dei pensionati, anche se si è registrata una significativa minoranza di membri del consiglio che si sono opposti alla decisione. Lo stesso presidente del fondo, Henk Brouwer, ha dichiarato di poter comprendere la delusione dei lavoratori e dei pensionati. Ma con queste misure, ha aggiunto, «richieste ai diversi soggetti che partecipano al fondo, si è deciso di distribuire in modo equilibrato i sacrifici necessari per garantire il futuro di Abp». Non è un caso isolato: la Dutch Pension Federetion ha fatto sapere di recente che un centinaio di fondi pensione olandese dovrà presto ridurre le prestazioni pensionistiche: la riduzione media è prevista intorno al 2,3%, ma oltre trenta strutture dovranno imporre tagli dell'ordine del 7%.

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