Il fondo pensione paga (anche) in contanti

Agli italiani piace cash. È forse anche per questo che solo 3,85 milioni di lavoratori italiani su 12 aderiscono ai fondi pensione che, appunto, hanno come scopo dichiarato e principale quello di erogare rendite di scorta. Basti pensare che nel mercato "cugino", quello delle polizze Vita, dei 2,2 milioni di contratti giunti a scadenza tra il 2006 e il 2008, solo 12mila circa sono stati traformati in rendita; per un valore di 370mila su 36,5 miliardi e mezzo di euro (fonte Ania). Previdenti e risparmiatori sì, ma il fruscio dei soldi continua a fare premio sulla garanzia di una rendita vitalizia. Eppure un modo di ottenere tutto cash c’è. Anzi, per la precisione ce ne sono tre. Ciascuno consente di usare un fondo pensione proprio come un qualsiasi strumento di risparmio gestito; ma in più, con costi decisamente inferiori e incentivi fiscali (fino a 5165,47 euro deducibili l’anno per i versamenti volontari e datoriali).

Nulla di opaco, è la norma che consente di incassare tutto in forma di capitale e recita così: in caso la rendita derivante dal 70% del montante finale, sia inferiore alla metà dell’assegno sociale, l’iscritto al fondo pensione può incassare tutto in forma di capitale. Una norma introdotta anche per evitare di distribuire mini pensioni di scorta di pochi euro. Questo è il primo dei tre modi, quello classico, grazie al quale un fondo pensione "funziona" come un fondo comune in definitiva. E che lo rende appetibile anche a chi è prossimo alla pensione, ad esempio.

Per portare a casa tutto cash, dunque, è necessario ridurre il montante accumulato – fortunatamente – negli anni. Come? Grazie alle anticipazioni: per l’acquisto o la ristrutturazione della prima casa, propria o dei figli, per spese mediche o per altri motivi: nei primi due casi si può ottenere fino al 70% del montante accumulato mentre nell’ultimo caso fino al 30%. Basta aver aderito da otto anni ad una forma complementare e fino a poche settimane prima della pensione è possibile "svuotare" il proprio conto previdenziale, per evitare di incassare quanto accumulato come rendita. Che sia una mossa giusta, lo vediamo dopo.

Il punto per ora è capire: qual’è la soglia discriminante, che separa rendita da capitale? Prendiamo carta e penna oppure apriamo un foglio excel. L’assegno sociale nel 2011 è stato fissato in 5.424,9 euro annui; il che significa che il 70% del montante convertito in rendita non deve superare 2712,45 euro annui. Quale montante produce una pensione di scorta di questo livello? Basta moltiplicare per gli anni di aspettativa di vita di un 65enne di oggi, circa 20, e si ottiene 54.249, cui aggiungere il 30% non considerato precedentemente arrivando così a 77.500 euro di montante finale. Chi avrà ottenuto un risultato superiore potrà, se vorrà, chiedere anticipazioni per scendere sotto la soglia fatidica, per incassare al momento della pensione, tutto in forma di capitale.

E poi c’è un terzo modo: quello di scegliere una "rendita controassicurata". Si tratta di una prestazione che, in caso di decesso del pensionato, prevede il versamento ai suoi beneficiari o eredi, del montante accumulato non versato fino a quel momento in forma di rendita. La rendita controassicurata ha un costo, nel senso che è inferiore a una rendita vitalizia: se si prende ad esempio la convenzione stipulata da Assofondipensione con alcune compagnie assicurative, in ragione di un montante di 100mila euro, una vitalizia pura questa eroga a un 65 enne che va in pensione una rendita di 6593 euro, mentre la rendita con restituzione del capitale, invece, è di 5955,3 euro l’anno; al netto della sua reversibilità al coniuge, ovviamente, circostanza che riduce la prestazione

Ha un costo alto o basso questa “protezione”? C’è chi sostiene che risulta più conveniente, per esempio, la rendita “certa” per 5 o 10 anni, quella che cioè anche in caso di decesso del pensionato viene erogata (a beneficiari o eredi) e che è pari rispettivamente a 6547,9 e 6409,7 euro.

Ognuno valuti e confronti rispetto anche ad altre prestazioni accessorie come la rendita certa a 5 e 10 anni, che prevede il versamento nell’arco temporale a prescindere dal decesso dell’intestatario della posizione; e quindi, in questo caso, a beneficiari o eredi. C’è da dire che non tutti offrono queste prestazioni: la controassicurata è offerta dai fondi aderenti ad Assofondipensione, da una manciata di fondi aperti e un paio di Pip. Finora, in attesa che la concorrenza migliori l’offerta e il mercato delle rendite.

Attenzione ai dettagli: è possibile chiedere la prestazione (capitale o rendita) con cinque anni di anticipo rispetto all’età legale del pensionamento. E d’altra parte la norma prevede la "libera determinazione dell'iscritto a formulare l’istanza per la richiesta della prestazione": il che significa che una volta giunti alla pensione si può attendere ancora fino a cinque anni per porsi di fronte al dilemma rendita o capitale.

Infine: è vero che la possibilità di riscattare tutto cash sottrae i risparmi previdenziali al rischio che vadano in fumo in caso di decesso e di mancanza di prestazioni accessorie come quelle citate. È altrettanto vero però che non è da escludere che si possa vivere fino e oltre l’età media statisticamente accertata, su cui si basano i calcoli per determinare le rendite. In ogni caso è bene non rischiare di sopravvivere al proprio denaro. Grazie ad una rendita vitalizia, appunto.

© RIPRODUZIONE RISERVATA