È prima volta che accade: dal 1996 in poi, dall’introduzione in Italia del sistema contributivo, ci sono state fasi di recessione, ma mai così negative da imporre il segno meno davanti alla percentuale relativa al Pil italiano di un intero anno. E forse più. Ciò pesa ai fini del calcolo della pensione di primo pilastro, quella erogata dall’Inps o dagli altri enti previdenziali. Perché il sistema contributivo rivaluta i contributi versati per la media geometrica degli ultimi cinque anni del Pil nominale: sino alla fine del 2008 si attestava al 3,3% ma ora – in ragione di un calo della ricchezza che si prevede possa essere nel corso del 2009 – la percentuale calerà al 2% circa. È l’effetto del calo del Pil, che la Banca d’Italia prevede in discesa del 5,2% quest’anno. È solo un’ipotesi del tutto teorica, ma se la recessione dovesse continuare per altri due anni, con il Pil in calo del 4% circa, lo Stato rivaluterà i contributi previdenziali per un moltiplicatore negativo: diminuendoli. Perché anche un sistema trasparente e improntato all’equilibrio, come il contributivo, ha il suo cigno nero. «In ogni caso il meccanismo di calcolo della media geometrica – dice Alberto Brambilla, Presidente del nucleo di valutazione della spesa pensionistica – allontana questo rischio. Questo coefficiente di capitalizzazione si è dimostrato complessivamente generoso: l’anno scorso abbiamo verificato che vince la sfida con strumenti di mercato di analoga durata decennale. Sale del 4,44% l’anno, contro un 4,19% del BTp 10 anni, contro l’indice obbligazionario a breve termine, salito del 3,8%, la media dei fondi bilanciati cresciuto del 3,79%, il Tfr del 2,1% e l’inflazione, salita del 2,86%.
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