I fondi pensione europei battono gli italiani 5% a 2%

I mercati finanziari colpiscono tutti i fondi pensione ma diversa è la gestione del rischio, visto gli asset in gestione e l’esperienza. Tanto che nel 2007 buona parte dei fondi pensione europei ha ottenuto rendimenti superiori al 5%, contro il 2,1% dei negoziali italiani.

Sua Maestà il Fondo ha reso il 4,3% nel 2007. Con una dote di 253,57 miliardi di euro a fine 2007, il Government pension fund global, secondo fondo sovrano al mondo dopo quello di Abu Dhabi, risultava anche il fondo pensione europeo di maggiori dimensioni.

Ad analizzare in esclusiva per «Plus24» i bilanci 2007 già disponibili dei principali fondi europei è stata la società di consulenza Towers Perrin che fa notare come anche sui colossi europei della previdenza si è percepita la flessione dei mercati. Un esempio su tutti è quello dell’ATP (Arbejdsmarkedets Tillaegspension), fondo integrativo per i lavoratori danesi, passato dal rendimento del 9,2% del 2006 al 5,9% del 2007. Seppure in discesa le performance dei colossi europei sono superiori a quelle realizzate dai comparti bilanciati e aggressivi dei fondi pensione negoziali italiani, fermi in area 2 per cento. Anche i preesistenti, che sono anche i più assimilabili ai maggiori fondi europei, essendo in gran parte a prestazione definita, perdono il match. Se in media hanno retrocesso circa il 2% ai loro iscritti va anche detto che, se si tiene conto anche della componente real estate, il dato cambia: il risultato del fondo preesistente di UniCcredit ( 3,6% nel 2007) sale, per esempio, al 5,55% se si considerano anche gli immobili.

Ma il confronto tra Italia e Europa è poco significativo. Non solo per le dimensioni dei fondi – il Re norvegese gestisce oltre quattro volte quanto amministra tutta la previdenza complementare italiana – ma anche per il diverso funzionamento, nonchè per le maggiori possibilità di diversficazione su investimenti alternativi. «I pension fund europei di dimensioni più rilevanti sono a beneficio definito – spiega Massimo Borghello, partner di Towers Perrin global –. Avendo la mission di ottenere, una volta considerato il livello di rischio desiderato, un rendimento assoluto il più alto possibile, il comitato che decide gli investimenti può generalmente spaziare a 360 gradi, investendo anche su asset altenativi come le materie prime o il private equity». I fondi italiani, in particolare quelli negoziali, si fondano sul principio di contribuzione definita. «E sta prendendo piede il pluricomparto basato sul concetto di rischio (basso, medio e alto) – fa notare Borghello –. Nei Paesi più avanzati ogni aderente ad un fondo può invece scegliere in modo la propria asset allocation selezionando tra 10-15 fondi specializzati su cash, bond governativi, bond indicizzati all’inflazione, immobiliare e vari comparti azionari. Solo in casi più rari vengono offerti investimenti alternativi (private equity, hedge fund) nell’ambito dei fondi a contribuzione definita».

di Federica Pezzatti