Il lifecycle ora si scopre “dinamico”

I fondi pensione "lifecycle"? In Italia rappresentano la nuova frontiera della previdenza complementare, ma all'estero, dove sono diffusi già da tempo, si stanno evolvendo verso nuove forme dinamiche. Uno studio dell'australiana Griffith Business School dimostra come i rendimenti dei lifecycle tradizionali, nel lungo periodo, siano di gran lunga superati da quelli dei lifecycle "dinamici".

Facciamo un passo indietro. Per fondo lifecycle si intende un fondo pensione che automaticamente, dopo alcuni anni o decenni di contributi previdenziali da parte del singolo lavoratore, riduce progressivamente l'esposizione in investimenti azionari sostituendoli con obbligazioni e altri strumenti a più basso rischio. Il lifecycle dinamico migliora questo automatismo introducendo nuovi, più raffinati meccanismi. L'investitore fissa un rendimento target da raggiungere; dopo i primi anni di contributi, non appena il rendimento desiderato viene raggiunto, gli asset azionari cominciano ad essere sostituiti con altri a basso rischio. Ogni anno, i rendimenti vengono monitorati; se tornano a scendere al di sotto del target, le obbligazioni vengono nuovamente sostituite con azioni, e così via.

La Griffith Business School ha effettuato più di 10mila simulazioni indipendenti l'una dall'altra, utilizzando un database statunitense degli andamenti annuali di azioni, obbligazioni e altri investimenti dal 1900 al 2004. I risultati confrontano i rendimenti tra due fondi lifecycle tradizionali, un 20+20 (20 anni di investimenti al 100% in azioni e 20 anni di passaggio progressivo verso le obbligazioni) e un 30+10, e due fondi lifecycle equivalenti (20+20 e 30+10). Il tutto calcolato per un ipotetico lavoratore con un salario iniziale di 25mila dollari, rivalutato del 4% ogni anno per i 41 anni di vita lavorativa restanti, e con un contributo pensionistico pari al 9% del salario.

I risultati mostrano come, al momento della pensione, il valore nominale della posizione maturata dal lavoratore fosse pari in media a 1,42 milioni di dollari nel caso del lifecycle tradizionale 20+20, e a 1,97 milioni di dollari per il lifecycle dinamico 20+20: una differenza di oltre 500mila dollari (+38% in favore del fondo dinamico). Alle stesse condizioni, un fondo che avesse mantenuto il 100% di azioni per l'intero periodo avrebbe guadagnato ancora di più (2,52 milioni di dollari, anche mettendo in conto la crisi di Wall Street del 1929), mentre la performance più deludente spetterebbe a un ipotetico fondo bilanciato (1,27 milioni di dollari). Non sorprende quindi che lifecycle tradizionale 30+10 (con una quota di azionario conservata per un periodo più lungo) ottenga 1,92 milioni di dollari, solo per essere ancora una volta battuto dal lifecycle dinamico 30+10 con 2,2 milioni di dollari.

Il rischio che un lifecycle dinamico sottoperformi rispetto a un lifecycle tradizionale esiste, ma solo in 19 casi su cento e con una differenza di profitto tra i due pari in media a 34mila dollari (a fronte dei 500mila dollari di guadagno medio potenziale). Lo studio della Griffith University mostra anche come i lifecycle dinamici offrano rendimenti crescenti tanto più è elevato l'obiettivo fissato dal lavoratore. Il solito fondo 20+20 con un rendimento target dell'8%, infatti, garantirebbe una posizione finale dal valore nominale di 1,91 milioni di dollari. Alzando il target al 9%, il totale sale a 1,93 milioni; al 10% corrispondono 1,98 milioni e così via sino ai 2,12 milioni del 12 per cento.

di Andrea Curiat

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