Egregio Tiziano Treu,
mi permetto di scriverLe su questo blog per invitarla, in qualità di commissario Inps, a dare attuazione all’ art. 1, comma 6, legge 335/95. Qualcuno riconoscerà – spero anche Lei – dietro a questi riferimenti normativi la cosiddetta riforma Dini: di quel testo Lei fu uno degli estensori e ora che è stato nominato dal Governo Commissario dell’Inps è opportuno che nel suo nuovo ruolo dia seguito a quanto previsto esplicitamente da quel comma. Ricorda cosa prevedeva? La legge in questione recita: “ad ogni assicurato – doveva essere – inviato, con cadenza annuale, un estratto conto previdenziale con l’indicazione delle contribuzioni corrisposte, la progressione del montante contributivo e le notizie relative alla posizione assicurativa”. E’ la cosiddetta “busta arancione” che in Svezia nacque l’anno successivo alla riforma italiana che porta il nome del presidente del Consiglio di allora Lamberto Dini, e del Ministro del Lavoro, ossia Lei. Gli svedesi, ispirandosi largamente alla Vostra riforma, la misero in campo subito; in Italia, a 19 anni dall’entrata in vigore di quella legge, è ancora lettera morta. Anzi, quei solerti funzionari che in questi anni hanno provato a far camminare l’operazione sono stati pressantemente richiamati all’ordine da alcuni Suoi successori alla poltrona di Ministro del Lavoro, che negli incontri pubblici annunciavano nuove fasi sperimentali (!?) e tornati nella sede di via Veneto raffreddavano gli animi perentoriamente. “Se comunicassimo ai lavoratori gli ammontari delle loro pensioni rischieremmo un sommovimento sociale”, era l’off the record che ho sentito in quei corridoi.
Certo, stimare una rendita futura non è semplice e i fattori in gioco sono molti; certo, c’è anche qualcuno che rischia di scambiare una stima in una “promessa”; certo, da un’operazione verità di questo genere la classe politica non ne può trarre alcun vantaggio (il che significa che siamo legati solo all’interesse elettorale di breve?). Ma allora perché nei principali paesi sviluppati e industrializzati si procede in questa direzione accollandosi tutti i rischi connessi? Occultare queste informazioni e rinviare la presa di coscienza dei lavoratori in merito al loro destino previdenziale mina la credibilità delle istituzioni: quelle che Lei ha rappresentato da Ministro e quella che ora rappresenta da commissario straordinario dell’Inps. E la concomitanza nella Sua persona dei due ruoli rende indifferibile l’invio a tutti i lavoratori della loro informativa previdenziale. D’altronde non è più tempo di progetti pilota, la realtà è di fatto più avanti della politica: sul web da anni sono disponibili tool e software che calcolano tutte le possibili variabili per stimare con qualche approssimazione le rendite future; e si tratta di calcolatori utilizzati copiosamente da chi è abituato a consultare siti web come questo. Ciò induce un’ingiustizia nei confronti di chi viene tagliato fuori perché non a conoscenza di questi strumenti su questo sito o di chi non può utilizzare Internet (e l’Italia è indietro anche su questo). Non so se e soprattutto in che forma Lei leggerà questa mia lettera: su uno smartphone, su un tablet, su un computer oppure all’interno di una rassegna stampa cartacea, proditta magari all’interno dell’Istituto di previdenza. O forse non le arriverà mai. Ma l’operazione verità sulle pensioni ora è urgente e rappresenta un atto di civiltà per un paese che cerca di uscire da una fase buia economicamente e culturalmente.
Non starò a ricordarLe i motivi tecnici che L’avevano indotta, insieme al Ministro, a iscrivere come obbligatoria quella comunicazione nella norma: sa bene che la riforma del 1995 introduceva il sistema contributivo ai lavoratori che a quella data avevano un’anzianità di servizio inferiore ai 18 anni; dal gennaio successivo, in sostanza, la loro costruenda pensione non sarebbe più stata calcolata con il più generoso sistema retributivo ma con quello che parametrava la rendita futura ai contributi in corso di versamento. Il passaggio dal retributivo – che calcola la pensione in base a una rivalutazione di una media degli ultimi cinque stipendi, in genere i più alti della carriera – al contributivo – che invece correla la rendita con tutta la carriera lavorativa – ha di fatto scaricato sull’individuo l’àlea rispetto al futuro. Da una parte promette diritti acquisiti che graveranno sulle generazioni future, dall’altra pensioni di cui lo Stato non assume alcuna forma di garanzia ma alza le mani rispetto al futuro delle generazioni più giovani. Inevitabile quanto meno offrire al lavoratore una “bussola” rispetto al suo percorso contributivo in vista della pensione. E’ peraltro paradossale che il secondo pilastro pensionistico abbiano proceduto in modo spedito nell’attuazione della normativa, imponendo da anni ai fondi pensione di inviare al lavoratore un’informativa dettagliata sul suo percorso contributivo e una stima della sua rendita, oltre a prevedere sul loro suto web un motore di calcolo agevole per il suo calcolo.
Egregio Treu, so bene il commissario Inps non ha poteri assoluti sull’operatività dell’istituto e anticipo così sue eventuali precisazioni sulle limitate deleghe di cui potrà disporre. O che il tempo a disposizione del Suo mandato non è lunghissimo. E che ci vuole tempo per passare alle intenzioni ai fatti, anche quando questi devono rimediare decenni di inadempienze. Resta il fatto che completare il Suo mandato in Inps omettendo di attuare la norma che Lei stesso ha scritto, sarebbe difficile da digerire per tutti coloro che, come le armate di Crasso nel 53 avanti cristo, furono spedite verso Oriente a combattere, senza regole di ingaggio e senza indicar loro la strada di ritorno. E di fatti si persero nel nulla, nella Cina interna.
Cordialmente,
Marco lo Conte