Guidereste tranquilli la vostra auto se non foste certi che il motore è in buono stato, il livello dell’olio adeguato, le parti meccaniche non usurate e il carburante nel serbatoio? Chi oggi conduce la propria attività lavorativa ha spesso una cognizione vaga di come, anno dopo anno, la sua pensione si sta formando. E si espone all’eventualità di scoprire sorprese spiacevoli, al momento tanto atteso in cui si ritirerà. Informarsi sulla propria posizione è il primo passo; il successivo è di passare alle dovute contromisure. Ma quali sono i fattori che rendono poco sicuro il nostro viaggio verso quella fase della nostra vita in cui potremo realizzare sogni e ambizioni vagheggiati a lungo?
Fattori macro
Diciamo subito che solo su alcuni fattori abbiamo la possibilità di intervenire. Singolarmente possiamo incidere poco sul prodotto interno lordo: ma è proprio il Pil nominale che moltiplicato per la retribuzione media degli ultimi cinque anni, determina le prestazioni di chi va in pensione oggi. È il metodo retributivo che lega le prestazioni all’andamento dell’economia nazionale (e internazionale): e la recente stima di crescita limata allo 0,1% annuo pesa. Saperlo aiuta a motivare le contromisure.
Pensioni di scorta
La prima delle quali è farsi un secondo pilastro pensionistico: lo ha fatto solo il 30% circa dei lavoratori dipendenti privati italiani (lavoratori della scuola a parte, i dipendenti pubblici deveno ancora veder trasformato il loro Tfs in Tfr). Circa tre italiani su quattro rischiano, in varia misura, di sopravvivere al proprio denaro: percependo al momento della pensione non il 70 o l’80% dell’ultimo stipendio, come accade a chi smette ora di lavorare, ma una quota sempre più vicina alla metà, tanto più bassa è la sua età oggi. Un secondo pilastro, dunque, è per loro quasi indispensabile. Ma può non bastare.
Borse: bàlia o balìa
L’insostenibile sistema retributivo di primo pilastro sta lasciando spazio a quello contributivo a capitalizzazione; anch’esso però ha un lato debole in quanto "scarica" sull’aderente il rischio finanziario: se le borse vanno giù e ho aderito ad una linea azionaria, il montante accumulato a quel momento diminuisce invece di crescere. L’effetto subprime sulle pensioni di scorta ha provocato un calo dei rendimenti medi tra i fondi negoziali dello 0,55% e tra gli aperti del 3,68%. Solo nel primo semestre 2008 il rendimento medio ponderato dei negoziali è sceso del 3,75%. C’è però un rischio, uguale e contrario: aderire ad una linea obbligazionaria per venti anni produrrà una pensione inferiore ai miei obiettivi e alle potenzialità dell’investimento di lungo periodo: i primi aderenti a Fonchim hanno oggi 24.700 euro dopo averne versati in dieci anni 16,400, i primi iscritti a Cometa hanno 16.200 euro avendone versati in nove anni 13mila. Per rendere più sicure le pensioni, dunque, è opportuno scegliere il comparto allineato con le nostre esigenze, magari insieme ad un consulente e/o utilizzando i motori di calcolo che ogni fondo pensione ha sul suo sito internet. In attesa che migliori e si allarghi l’offerta di comparti a rendimento predefinito, analoghi ai comparti garantiti già operativi.
I solitari
Se le prospettive dei dipendenti non sono rosee, peggiori sono quelli degli autonomi: che avranno pensioni inferiori al 50% del loro ultimo reddito. Oltre alle contromosse integrative, per loro l’obiettivo è rendere più solido il primo pilastro: è attesa una stretta sui criteri di investimento delle Casse dei professionisti, dopo che decisioni discrezionali e talvolta discutibili, le hanno riempite di titoli strutturati per oltre 5 miliardi di euro, oltre il 30% del totale. Opachi, complessi, spesso non quotati, questi prodotti hanno fatto la fortuna di banche d’affari e consulenti interessati, in spregio a ogni criteri di trasparenza. Molte Casse si trovano oggi ad alzare età pensionistica e contributi, per avere bilanci stabili a 30 anni (e possibilmente a 50, come indicato dal legislatore). E, forse, per nascondere qualche buca incontrata per strada.