I fondi pensione statunitensi guadagnano il 12,8% da inizio anno, ma la loro copertura previdenziale cresce di soli 2 punti percentuali da fine 2008, al 73% del rapporto tra patrimonio e rendite da erogare. Un impatto limitato nonostante la corsa che ha caratterizzato i mercati finanziari da marzo ad oggi. La causa? Il balzo del 9,2% da inizio anno delle passività dei fondi, ossia delle rendite da erogare; a fronte di una riduzione di 26 punti base delle cedole offerte dai bond AA, su cui i gestori puntano in misura rilevante per pagare le pensioni. È quanto emerge dall’ultimo rapporto di Bank of America-Merrill Lynch sui fondi pensione statunitensi, nel quale si traccia il bilancio del terzo trimestre dell’anno e inevitabilmente anche della salute degli strumenti previdenziali Usa dall’inizio del 2009. Secondo le stime calcolate dal team di analisti guidati da John Haugh, tre fondi pensione Usa su quattro si trovano al 30 settembre scorso sotto la soglia prudenziale dell’80% di copertura previdenziale; mentre il 15% del totale viaggia sotto la soglia critica del 60 per cento. Livelli estremamente sensibili per un sistema pensionistico a prestazione definita (defined benefit): un modello che ancor più che in passato, ha mostrato in occasione della crisi finanziaria tutta la propria inadeguatezza, inducendo le autorità e le società sponsor a spingere invece il modello a contribuzione definita (defined contribution), più vicino a quello introdotto in Italia con la riforma Dini e tipico della previdenza complementare. Il report di Bank of America-Merrill Lynch lancia un allarme per come vengono gestiti in questa fase i fondi pensione negli Stati Uniti. La quasi totalità delle gestioni analizzate hanno infatti battuto il benchmark di riferimento: un’evenienza verificatasi nel 98% dei casi dei fondi gestiti utilizzando – seppur per una quota limitata – anche titoli non investment grade. E complessivamente circa 4 fondi su 5 hanno ottenuto rendimenti superiori al Barclay’s aggregate index, che comprende per il 79% titoli tripla A e nessuno sotto la tripla B. Risultati che spingono gli analisti a mettere in guardia sul fatto che «gli investitori istituzionali stanno assumendo un rischio di credito nei confronti dei propri benchmark, superiore rispetto a quanto assunto in passato». Per questo il report invita a risintonizzarsi sul rischio di credito, per evitare brutte sorprese nel prossimo futuro: «I gestori – si legge nello studio – stanno assumendo rischi smisurati relativamente ai loro indici di riferimento. Sfortunatamente investire in corporate bond è un «loser’s game», in cui vinci se eviti le perdite: nello scenario migliore è possibile ottenere 10 basis point di rialzo, ma ben 70 di ribasso».
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