Chi salirebbe su un aereo sapendo che non ci sono uscite di emergenza, nè scivoli di sicurezza o paracadute? E che in caso di inconveniente l’equipaggio lascerà il passeggero solo a cavarsela? Pochi, vero? Per fortuna presìdi di sicurezza non mancano. Se aggiungete i sistemi di controllo da terra e la capacità del pilota, ecco spiegato il perché viaggiare in aereo è molto più sicuro che in auto. Provate a trasferire questo esempio ai fondi pensione. È quanto hanno provato a fare due studiosi della Banca d’Italia, Giuseppe Grande (Condirettore Servizio Studi di congiuntura) e Ignazio Visco (Vice Direttore Generale); quest’ultimo era già intervenuto in materia a ridosso della crisi, ipotizzando un fondo di garanzia pubblico a sostegno dei fondi pensione.
Effetto shock
Il 2008 aveva offerto ben più di uno «spunto», visto l’effetto sui conti previdenziali – molto esposti alle azioni – di migliaia di lavoratori di tutto il mondo (soprattutto anglosassone) nell’ultima parte della fase di accumulazione.
Da qui l’idea: creare un fondo di garanzia che intervenga nei casi estremi (tail event), quando cioè il montante cumulato al momento della pensione scende sotto un livello predeterminato. È una proposta con un respiro internazionale, rivolta a tutti i fondi pensione a contribuzione definita, che stanno progressivamente sostituendo (soprattutto nel mondo anglosassone) quelli a prestazione definita; questi ultimi impegnano le società sponsor a caricarsi di molti rischi; quelli a contribuzione definita, invece, li scaricano sull’aderente: controindicazione non da poco, alla luce del credit crunch 2008.
Arrivano i nostri
Ma come funziona questo «paracadute previdenziale»? In cambio della tutela, l’aderente versa al fondo di garanzia una quota annua in percentuale sui suoi contributi. Quota che Grande e Visco hanno calcolato in modo prudente: considerando cioè le ipotesi di mercato peggiori, che necessitano di un livello di salvaguardia maggiore e il fatto che le garanzie vengano offerte da un soggetto privato. Nel loro studio, invece, sarebbe lo Stato il fornitore di garanzia di ultima istanza: un soggetto, cioè, in grado di avere economie di scala tali da ridurre al massimo l’esborso per l’acquisto di questo paracadute previdenziale. Ma allo stesso tempo senza rimetterci: la garanzia offerta operativamente dallo Stato è a costo zero per le casse pubbliche.
La moneta e il cammello
Tutto sta a definire il giusto allineamento costo/protezione. La tabella qui allegata (Scarica Costi) indica, a seconda di diverse durate di permanenza nei fondi pensione (da 10 a 40 anni), l’esborso in termini percentuali del montante fin lì cumulato (dallo 0 fino a un massimo del 2,85%, vicini ai costi di gestione italiani), per quattro possibili scelte di comparto (100% azionario, 100% titoli di Stato a dieci anni, 50-50% tra le due asset class e il lifecycle, che adegua periodicamente la composizione nei portafogli di azioni e obbligazioni), offrendo tre possibili garanzie: la restituzione dei contributi versati, non rivalutati cioè in alcun modo, oppure la restituzione di contributi versati ma rivalutati per l’inflazione annua o infine la restituzione dei contributi versati e rivalutati per la crescita del prodotto interno lordo nominale (calcolato annualmente).
Garanzie à la carte
Tre livelli di protezione crescente – a scelta dell’iscritto – per evitare brutte sorprese a chi ha aderito tardi a uno strumento previdenziale ed è andato in pensione nell’ultimo anno e mezzo (e magari aveva esagerato col rischio azionario). La ricerca spiega che il paracadute previdenziale si apre nei tre casi operando con uno swap: il fondo di garanzia pubblico acquisisce il portafoglio di attività del pensionando e in cambio gli conferisce l’ammontare definito dalla garanzia.
E il passato?
Grande e Visco hanno provato ad applicare l’intervento del fondo di garanzia a quanto accaduto in passato (vedi grafico a destra in basso). E qui la sorpresa: la peggiore delle evenienze non è stata la recente crisi del 2008, bensì – seppur di poco – in occasione della crisi culminata nello shock petrolifero degli anni ’70 (Scarica Storia). Ma al fondo di garanzia sarebbero in ogni caso bastati sei anni per recuperare quanto sborsato come garanzia ai pensionandi. Finanziariamente malcapitati.
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