Nei mercati come nella vita le stagioni buone si alternano naturalmente a quelle cattive, ma sarà difficile ritrovare due anni come il 2011 e il 2012: estremamente negativo il primo ed estremamente positivo il secondo, entrambi caratterizzati dall’infrazione della correlazione inversa tra azioni e obbligazioni, entrambe giù nel primo anno, entrambe su nel secondo. Una volatilità che ha tuttavia spiazzato gli aderenti ai fondi pensioni, alle prese con la sensazione di destinare i propri contributi ad un ottovolante.
La crisi sistemica ha fatto saltare quella che era considerata una regola aurea della gestione di portafoglio. Tanto da spingere nel ’96 il regolatore a indicare ai fondi pensione proprio queste due asset class come le principali da utilizzare per massimizzare il valore dei contributi versati. Proprio alla luce della crisi queste indicazioni risultano ancor più desuete. Per evitare una volatilità di risultati come quella ottenuta nei due anni recenti è lecito attendersi una gestione di portafoglio più stabile: allineata, se possibile, sopra la media realizzata finora. Due i passaggi chiave per raggiungere questo obiettivo: la riforma dei criteri e limiti di investimento dei fondi pensione, ormai alla firma del ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, che allarga l’"universo investibile" ai titoli di economie definite in passato come "emergenti" (al cui rally i fondi pensione non hanno potuto partecipare), ai fondi hedge entro determinati limiti e ad altri strumenti potenzialmente decorrelati come le materie prime. Altro step fondamentale per modernizzare la gestione previdenziale è l’attuazione di strumenti di credito che consentano agli strumenti di previdenza complementare di mettere a disposizione parte della loro liquidità del sistema economico. Sono i credit funds indicati dalle colonne del Sole 24 Ore da Mauro Marè qualche giorno fa: strumenti che forniscano alle imprese quella liquidità che il sistema bancario fatica ad erogare, stretto tra Eba e Basilea III.
I fondi pensione, insieme agli Enti previdenziali sommano circa 160 miliardi di euro di patrimonio di cui circa 40 in titoli di Stato italiani: una maggiore diversificazione potrebbe destinare ai credit funds una porzione ridotta di quei portafogli ma decisiva per il sistema delle imprese. Infine: è sempre il caso di considerare le performance di periodo solo insieme a quelle money weighted: che considera i versamenti effettuati, il valore aggiunto della gestione e la rendita che in prospettiva il fondo pensione andrà ad erogare: quella "busta arancione" che il secondo pilastro, a differenza del primo, ha avviato già da anni.
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