In astratto la situazione è pressoché ideale: mercati azionari internazionali che in quasi cinque anni hanno raddoppiato il loro valore (triplicato il Nasdaq), tassi di interesse ai minimi storici, banche centrali che assicurano la prosecuzione senza scossoni di questa bonaccia. Gli italiani hanno invece una percezione negativa della loro situazione finanziaria. Emerge dall’indagine realizzata da Doxametrics e presentata in occasione della settimana dell'Investimento Sostenibile e Responsabile. Analizzando il campione (1005 risparmiatori tra i 30 e i 50 anni che hanno investito almeno mille euro nell’ultimo anno), il 21% si dichiara per nulla soddisfatto della gestione del suo patrimonio da parte del suo intermediario finanziario, a fronte dell’11% di soddisfatti (neutra l’opinione degli altri).
Ancora più ampio il gap alla domanda sulla “probabilità con cui rifarebbe le scelte di investimento fatte in passato”: sale al 26% la quota dei “pentiti” mentre resta all’11% quella dei soddisfatti. I motivi di questo scontento? Innanzitutto il rumore di fondo della crisi italiana e la sua retorica, che mistifica l’immagine della propria condizione finanziaria; e che impatta anche nella quotazione pressoché invariata della Borsa italiana nel quinquennio; pesa spesso anche la difficoltà di comprendere per il risparmiatore il valore della prestazione dell’intermediario.
Ma c’è un altro elemento che amplifica l’insoddisfazione ed è lo scopo del risparmio stesso, percepito come irrelato rispetto a finalità di medio e lungo termine: chi risparmia con obiettivi mirati o con fini previdenziali o secondo criteri socialmente responsabili, percepisce il significato del suo atto di risparmiare. La gran parte degli italiani invece accantona senza obiettivi precisi, spinta da un background culturale che, di fronte alle difficoltà, induce a mettere nel salvadanaio la prima moneta disponibile, sottraendola magari ai consumi.
Solo a ottobre 5,5 miliardi di euro sono stati messi da parte, secondo l’ultimo monthly outlook dell’Abi. Quanta parte è sottratta, oltre che ai consumi, agli impieghi di medio e lungo termine e dunque al futuro? Ognuno risponda per sé. Ricordando che anche un’inflazione bassissima – lo 0,7% a ottobre – erode 11 miliardi di euro l’anno, dai 1210 miliardi depositati sul c/c degli italiani.