Il ruolo che ha la fortuna nella nostra vita non è trascurabile ma, rispetto ai risultati prodotti dalla pianificazione, esagerato. È infatti molto più efficiente far leva sulle proprie capacità piuttosto che sperare nella fortuna. Non a caso il vizio del gioco ha la sua radice in un elemento di disordine psichico. Studi e statistiche rafforzano l’opinione che ridimensiona il ruolo della fortuna. Il Premio Nobel per l’Economia 2017 Richard Thaler sottolinea come lo choc procurato da una vincita alla lotteria modifichi la propensione al rischio di molte persone: il denaro ricavato senza fatica va nel cassetto “ad alto rischio” e presto investito in strumenti ad alta volatilità. Ma senza avere gli strumenti per gestirne l’alto rischio. Per Daniel Kahneman (premiato nel 2002) si sopravvaluta la possibilità di mantenere la propria fortuna anche in futuro.
Entrambi gli approcci mentali portano a una veloce dispersione del proprio denaro. E poi c’è il cosiddetto senso di colpa del vincitore, che colpisce in particolare persone cresciute in ambienti finanziariamente difficili, che hanno la “(s)fortuna” di vincere somme considerevoli di colpo. Costoro sviluppano talvolta una dinamica conflittuale con il possesso di denaro e in molti si consolida l’idea che chi ne possiede sia una persona priva di senso morale e socialmente riprovevole; un (pre)giudizio che crea un alone di negatività legato al denaro. Chi tra questi vince alla lotteria il biglietto fortunato, si ritrova ricco ma il suo cervello resta intriso dell’associazione tra denaro e amoralità.
Ne nasce un conflitto interiore con comportamenti inattesi. «Una densa rete neurale nelle cortecce prefrontali – dice Lorenzo Dornetti, esperto di neuroscienze e neurovendita -ci porta a comportamenti inconsapevoli: per lenire il senso di colpa di essere diventati ricchi e quindi “riprovevoli”, elargiscono denaro, aiutano tutti, compiono gesti plateali per dimostrare a se stessi di essere “diversamente ricchi”». Diventando così prede di parenti, amici, conoscenti, vicini di casa, che di fatto trasformano il vincitore in un bancomat infinito. Peccato che ogni somma, per quanto grande sia, prima o poi, finisce. «Non è un caso – come ricorda Jordan J. Ballor in “The moral and economic poverty of the lottery”-se l’87% dei “fortunati vincitori della lotteria”, ritorna povero entro 24 mesi».