Quanto pesano i vecchi BoT nella mente dei risparmiatori ad alto profilo di rischio

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Si fa presto a dire “alta attitudine al rischio = alto rischio di portafoglio”. La correlazione delle scelte finanziarie con il proprio Dna di risparmiatore sono condizionate da molti rumori di fondo, da indagare con cura. Per questo il fondo pensione Previndai ha commissionato un’indagine conoscitiva alla professoressa Barbara Alemanni dell’Università di Genova ed esperta di finanza comportamentale. Il campione è di particolare interesse: a Previndai, infatti, sono iscritti i dirigenti d’azienda, soggetti cioè in prima linea nelle aziende sul fronte dei ricavi, dei bassi costi e del monitoraggio costante degli elementi di rischio. Interessa notare quanto di questa attitudine professionale diventi parte dell’individualità dei dirigenti e si traduca in atteggiamenti e scelte conseguenti. L’indagine ha analizzato i dirigenti sotto cinque linee guida: comfort con il rischio, scelte di investimento, conoscenza del rischio, avversione al rammarico e avversione alle perdite. Non stupisce rilevare come persone con un buon comfort nei confronti del rischio, sperimentino investimenti mediamente rischiosi e davanti alle situazioni incerte e non ottimali presentino una bassa avversione al rammarico. Per i due terzi dei rispondenti questa inclinazione non costituisce una fonte di “fragilità decisionale”: poichè psicologicamente disposti a sopportare bene situazioni dall’evoluzione non auspicata e prevista.

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Maggior interesse viene invece dalla bassa correlazione tra l’avversione alle perdite e le altre dimensioni della risk attitude, addirittura leggermente negativa con la conoscenza del rischio finanziario. Chi è preparato in materia finanziaria, in altre parole, non è per forza maggiormente disponibile a sostenere perdite. «Ciò suggerisce che si tratti di una dimensione comportamentale – dice Alemanni – indipendente dalla tolleranza alla variabilità misurata attraverso le altre 4 dimensioni». Cosa spezza questa correlazione? Secondo la ricerca pesa per i dirigenti meno giovani la “maleducazione” al rischio prodotto dagli alti rendimenti dei titoli risk free degli anni 80. Un calco che resta in memoria e che si somma a un altro, strutturale per i dirigenti: l’attitudine a coprirsi dal rischio professionale nelle scelte finanziarie personali.