Da benefit per pochi a supporto indispensabile o quasi. La previdenza complementare ha subito un'evoluzione copernicana negli ultimi anni nell'offrire agli aderenti la possibilità di garantirsi una vecchiaia un po' più serena. I calcoli della Ragioneria generale dello Stato sui tassi di sostituzione (tra ultimo stipendio e primo assegno pensionistico) e le elaborazioni effettuate dagli attuari confermano come la mancata adesione ai fondi pensione indirizza i lavoratori verso un futuro pensionistico in cui si ritroveranno entrate in molti casi più che dimezzate. Il secondo pilastro potrà offrire un sopporto variabile in base alla durata di adesione e alle singole scelte, fornendo rendite in grado di riportare il tasso di sostituzione anche vicino all'80% dell'ultimo stipendio.
Il ricorso agli assegni sociali, oggi in vigore, non è certo che venga garantito nei prossimi decenni. Ne deriva un forte rischio di impoverimento che gli italiani fanno ancora fatica a quantificare, visto che solo il 25% circa dei lavoratori vi ha aderito. Proviamo allora a indicare qualche calcolo e prendiamo il caso di un impiegato 35enne: arrivato a 66 e tre mesi potrà aggiungere alla sua rendita – vicina al 60% dell'ultimo stipendio – un ulteriore 23% (netto su netto), in caso di adesione alla linea bilanciata di un fondo pensione (20% azioni, 80% obbligazioni); per una collega donna, scende vicino al 20% il tasso di sostituzione stimata, poiché le pensioni private sono calcolate in base all'effettiva aspettativa di vita, contrariamente a quanto accade per quelle pubbliche, dopo il recente diktat europeo.
Molti elementi contribuiscono a determinare il secondo pilastro contributivo (elementi come le somme destinate al fondo, la linea di investimento scelta) ma il tema decisivo è il tempo: il tasso di sostituzione cui potrà puntare un 45enne scende infatti al 13%, quota destinata a calare man mano che si rinvia la decisione di iscriversi a un fondo pensione.
Innalzare l'asticella delle proprie entrate risulta, quindi, fondamentale e l'utilizzo di strumenti specifici come i fondi pensione rappresenta la via maestra, anche se gli italiani spesso amano far da soli, esponendosi a molti rischi che invece il welfare complementare può gestire in modo professionale.
Non a caso, quel che un tempo era un benefit aggiuntivo ha oggi cambiato forma e nome: la previdenza integrativa, infatti, è diventata previdenza complementare, non più cioé un'aggiunta, ma la parte di un tutto, necessaria per il completamento di una pensione dignitosa. Così come il primo pilastro non è più qualcosa che "spetta" al termine della vita lavorativa, ma un percorso da costruire e monitorare negli anni di lavoro, controllando periodicamente le comunicazioni periodiche del proprio ente previdenziale.
E nelle prossime settimane, infatti, l'Inps invierà a un milione di lavoratori le stime sulla loro rendita pensionistica: la cosiddetta "busta arancione" per il momento limitata a chi smetterà di lavorare nei prossimi 5/6 anni e che verrà estesa progressivamente a chi è più giovane.