I primi a rendersene conto sono proprio loro: chi svolge un'attività di consulente finanziario conosce bene il posto che la pensione occupa nella pianificazione dei risparmiatori italiani. E vede quanto questa pianificazione spesso manchi, cosa che espone il suo cliente a una pluralità di rischi: riassumibili in uno solo: quello di sopravvivere al proprio denaro. Per questo i promotori sono i primi a preoccuparsi del proprio destino previdenziale; la loro condizione offre spunto per più di una considerazione. Intanto i numeri: le recenti riforme stanno innalzando progressivamente l'aliquota contributiva per i promotori finanziari dello 0,15% ogni anno. Nel 2013 l'aliquota cresce fino al 21,84%, per attestarsi nel 2018 al 24%, almeno per le fasce di reddito dai 15.357 euro l'anno a 45.530; oltre questa soglia, l'aliquota è del 22,84 per cento. La notizia non è bella ma – per chi si occupa di cogliere il meglio di quanto accade nel mondo finanziario e non, nell'interesse dei propri clienti – non può che essere accettata come inevitabile: l'allungamento della vita media da una parte, le esigenze di stabilità degli enti previdenziali, spingono verso un'accettazione di questo principio. Che riguarda anche l'innalzamento dei requisiti di età; a partire dal primo gennaio scorso infatti, servono tre mesi in più per andare in pensione: gli uomini dovranno attendere i 66 anni e 3 mesi mentre le donne i 63 anni e 9 mesi; com'è noto, Si potrà andare in pensione anticipata rispetto all'età indicata solo se si sono maturati almeno 42 anni e 5 mesi di contributi se uomini e 41 anni e 5 mesi se donne. E inoltre in gioco c'è anche l'attuazione dei nuovi coefficienti di calcolo che si applicano al montante dei contributi versanti durante la proprio attività lavorativa. In definitiva si prevede una riduzione che oscilla tra il 2 e il 4%. L'incidenza della crisi economica sul Pil nominale, che si utilizza per la rivalutazione dei contributi accumulati è una preoccupazione che riguarda tutti i lavoratori italiani. E le conferme per un 2013 ancora con il segno meno spingono ancora più vicino allo zero il moltiplicatore di rivalutazione di quanto accantonato nel corso di una carriera lavorativa. Preoccupazioni che coinvolgono chi svolge attività di consulenza: per identificare a vantaggio dei propri clienti strumenti adeguati per compensare questo trend negativo e, ovviamente, anche per se stessi. Ad aggiungere elementi di incertezza, la peculiarità previdenziale della categoria. Com'è noto, chi «esercita professionalmente l'offerta fuori sede come dipendente, agente o mandatario» deve versare obbligatoriamente i propri contributi sia all'Inps, sia ad Enasarco, l'ente previdenziale degli agenti di commercio. Più volte l'associazione dei promotori finanziari, Anasf, ha cercato il modo di far decadere questa obbligatorietà. Come accade anche ad altri professionisti obbligatoriamente legati ad Enasarco, i promotori finanziari non sono coinvolti nella governance dell'ente: elemento che negli anni ha contribuito a creare un solco tra i due soggetti, fatto di sfiducia reciproca. Rispetto alle recenti vicissitudini del portafoglio finanziarie di Enasarco, i promotori finanziari hanno assistito da spettatori passivi. Un'occasione perduta per rinsaldare i rapporti è rappresentata dalla cosiddetta busta arancione: è la comunicazione che gli enti previdenziali hanno inviato a un milione circa di lavoratori con contributi presso più di un ente; un'iniziativa di Inps e Adepp, l'associazione degli enti di previdenza privati, in collaborazione con il Ministero del Lavoro. L'estratto conto personale integrato fornisce al professionista la possibilità online di avere il polso della situazione. Essendo esterna ad Adepp, Enasarco continua a fornire indicazioni autonome rispetto alle prestazioni future dei propri iscritti. Prestazioni che difficilmente possono essere considerate particolarmente generose, visto che chi lavora da trent'anni con un contratto monomandato può contare su una pensione inferiore ai diecimila euro l'anno. Un tassello, in ogni caso, di un flusso più articolato di rendita. La tendenza di molti professionisti a optare per la formula del plurimandato parcellizza tuttavia contribuzioni e prestazioni: un eccesso di diversificazione che ha come effetto secondario una possibile dispersione o la riduzione di massa critica su cui contare al momento della pensione.
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