Nei fondi pensione obbligatoria un’area finanza

La Covip alza l’asticella e le strutture interne ai fondi pensione provano ad adeguarsi. Facendo innanzitutto buon viso a cattivo gioco: perché arrivano una serie di carichi organizzativi da formalizzare, appesantendo le strutture e facendo lievitare i costi. Il che colpisce i fondi pensione di categoria, ma non di rado anche le forme profit: fondi aperti e Pip. Andiamo con ordine. Al termine di un breve periodo di consultazione pubblica, la Commissione di vigilanza sui fondi pensione ha dettato le disposizioni in materia di politiche di investimento, imponendo di redigere un documento che deve contenere «gli obiettivi che si intende realizzare nella gestione finanziaria, i criteri con i quali si prevede di attuarla, i compiti e le responsabilità dei soggetti coinvolti nelle varie fasi del processo di investimento, la modalità con cui si prevede di gestire il controllo del rischio e la valutazione dei risultati». Attività certo non ignote ai fondi pensione; cambia, però, se la vigilanza chiede di formalizzare tutti i passaggi. La definizione di una struttura finanza può comportare un aggravio di costi per buona parte di quei fondi pensione di dimensioni ridotte che non hanno professionalità specifiche al loro interno e che operano, per gran parte della propria attività, grazie al volontarismo di alcuni soggetti coinvolti. Una vera e propria area finanza può comportare un aggravio di costi anche superiore al 40% per alcune realtà.
Proprio per la scelta di chi dovrà ricoprire queste funzioni, Covip ribadisce «la necessità che gli stessi debbano possedere un elevato livello di professionalità, di conoscenze e di esperienza, oltre a caratterizzarsi per l'assoluta indipendenza rispetto a chi è incaricato della gestione». Un profilo che pare tagliato su misura, tra i negoziali, su come come Cometa (metalmeccanici), Fonchim (chimici), Fondenergia (gruppo Eni) o Fon.Te (commercio e turismo). Nelle altre strutture le funzioni indicate da Covip sono in gran parte ricoperte, ma quasi mai da attuari o dirigenti esperti in materia finanziaria. «Abbiamo un Cda qualificato, con molte professionalità derivanti dall’area finanza delle Fs – dice Sergio Slavec, direttore di Eurofer (ferrovie) –; cui si aggiunge Riccardo Cesari, che è ancora nostro consigliere, nell’ultimo dei suoi tre mandati».
«La Covip ha riconosciuto l’esistenza di diverse tipologie di forme – dice Valeria Cavagna, direttore generale di Foncer (ceramica) –; quelli che si possono strutturare e quelli che vengono invitati in sostanza a un esame di coscienza sulla propria fisionomia». Il mercato va verso una segmentazione: i soggetti più strutturati, quelli che adotteranno una gestione sostanzialmente passiva e infine coloro che si troveranno di fronte al dilemma se fondersi o metter a fattor comune alcune operatività, soprattutto in materia finanziaria. «Assofondipensione può essere il luogo ove i fondi si incontrano per trovare soluzioni comuni – dice Flavio Casetti, segretario generale dell’associazione –; tenendo conto che noi siamo facilitatori di progetti, non un gestore di servizi».
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