Gallina vecchia fa tante uova. E i vecchi fondi pensione, i preesistenti, nati cioè prima delle riforme degli anni 90, mostrano di riuscire a sfruttare il recupero dei mercati finanziari e a portare a casa uova, pardon, rendimenti interessanti a vantaggio dei propri iscritti. Che, lo ricordiamo, aderiscono a questi fondi pensione con percentuali spesso superiori al 90%: adesioni «bulgare», se confrontate con il tiepido successo dei fondi negoziali, di istituzione più recente. Difficile però confrontare i rendimenti degli uni e degli altri: oltre alle differenziazione di asset allocation, spesso i fondi preesistenti investono in immobili e polizze di ramo quinto. Asset che, secondo quanto disposto dalla Covip, dovranno scendere sotto il 20% del totale entro il 2012.
«Scusi, ma con con un rialzo del 20% in un anno e di oltre il 70% dai minimi di marzo, com’è che avete reso poco più del 2%?». È questo all’incirca il tenore della telefonata ricevuta dal fondo dedicato ai dirigenti industriali Previndai (l’unica, giurano i vertici del fondo). Colpa della prudenza, è stato risposto: «A inizio 2009 il nostro gestore azionario, Lombard Odier – dice il direttore Franco Di Giovanbattista – non era fiducioso del fatto che la crisi fosse davvero passata: la Borsa si è mossa infatti con scambi ridotti e guidata dai settori che nel 2008 erano andati peggio. E noi ci siamo trovati d’accordo con questa impostazione. Il nostro stile di gestione ci porta a stare alla larga dalle montagne russe, puntando a rendimenti inferiori ma più certi: a inizio 2008 ci siamo messi liquidi e siamo stati tra i pochi a chiudere l’anno in territorio positivo. E nel lungo termine le nostre linee battono sempre il benchmark: la Bilanciata è al massimo assoluto e con la Sviluppo siamo vicini. Bisogna poi ricordare che una buona fetta delle posizioni degli aderenti è composta dalla linea assicurativa».
C’è chi invece l’onda delle Borse è riuscito a prenderla: il Fondo Cariplo, uno dei più ricchi di immobili, è riuscito a ottenere risultati anche con azioni e titoli di Stato: rispettivamente quadrupli o quintupli per le due linee di investimento rispetto alla rivalutazione del Tfr (circa il 2% nel 2009). Quella a prestazione definita ha beneficiato di un 12% di equity, del 27% di obbligazioni e del 50% a titoli indicizzati all’inflazione; la linea a contribuzione definita ha invece metà patrimonio in bond, mentre la quota di inflation linked è del 17% e dell’equity del 19%. Performance a doppia cifra per i comparti Azionario e Bilanciato di Previbank, per il quale il Multigaranzia resta quello più ricco. Diverso il caso invece delle linee Orizzonte 20 e Orizzonte 30 del Fondo pensione Bcc: avviati nel maggio scorso hanno beneficiato solo in parte della corsa dei mercati. C’è anche chi ai primi segnali di affaticamento dei mercati ha iniziato a tirare i remi in barca: «A novembre abbiamo iniziato ad abbassare l’esposizione alle azioni – dice Gianfranco Verzaro, presidente del Fondo Pensione Bnl –: rispetto alla nostra asset allocation strategica la parte in azioni è scesa dal 10 al 6% per la linea rivolta ai vecchi iscritti e dal 20 al 12/13% per quella dedicata ai nuovi. Attualmente siamo quasi ritornati ai livelli pre-crisi».
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Diverso il discorso per il Fondo UniCredit, di cui si dispone solo dei rendimenti fino a novembre: con performance dal 4,5 al 7,4%, mentre a due anni solo il comparto "a 3 anni" (dalla pensione) è positivo del 2,1% (-5% il 15 anni e -2,3% quello a dieci). «Il valore completo e definitivo dei Nav – fanno sapere dal fondo –, saranno disponibili nei prossimi giorni, non appena il Consiglio di amministrazione avrà determinato l’utile delle Società immobiliari che costituiscono una quota oscillante tra il 15 e il 20% dei comparti».
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