Una vittoria di misura, quella della strategia lifecycle sul multicomparto. Almeno secondo una simulazione effettuata da Ubs per conto di Cometa, il fondo pensione complementare dei metalmeccanici. La banca d’affari ha messo a confronto i guadagni attesi da un lavoratore tipo che ha investito il Tfr accumulato tra 25 e i 64 anni secondo due modalità: quella del multicomparto (con un portafoglio che investe per l’82,5% in bond e in monetario e il 17,5% in azionario) e il lifecycle, che adegua ogni anno le proporzioni del portafoglio in virtù del «ciclo della vita», cioè con l’avanzare dell’età. Progressivamente, in sostanza, l’investimento si fa da più rischioso a più prudente. È questo il metodo per non rischiare troppo di fronte a eventuali scherzi delle Borse in prossimità della pensione. Ebbene: la differenza tra i due rendimenti attesi è inferiore ai 4mila euro. «Sono abbastanza critico verso l’impostazione del lifecycle, inteso come "pilota automatico" per due motivi – spiega Maurizio Agazzi, direttore generale di Cometa –: il primo riguarda il rischio che il passaggio cadenzato al variare dell’età possa coincidere con altrettanti cicli negativi». Il secondo problema è invece legato all’età di avvio del piano di investimento. «Se l’adesione al lifecycle scatta in giovane età, allora è sensato. Ma se, come nel nostro caso, si inizia a conferire il Tfr a 35 anni, venti anni di investimenti azionari si trascinano fino ai 56 anni di età, e questo è troppo». Il secondo pilastro insomma deve permettere la costruzione di un asset allocation strutturata che renda possibile il raggiungimento di un obiettivo, senza però far correre troppi rischi.
di Luca Davi