Si erano sentiti fortunati, perchè avevano scelto le linee garantite dei fondi pensione e si erano così messi al riparo dallo tsunami finanziario che ha travolto i mercati finanziari nell’ultimo anno e mezzo. Alcuni di loro si sono reputati orgogliosi, perchè aderivano a linee che replicano il rendimento del Tfr: 1,5% + lo 0,75% dell’inflazione. Un tasso estremamente difficile da ottenere, vista la crisi e l’impennata dei prezzi al consumo. Almeno 50mila aderenti ai fondi pensione negoziali (oltre a un numero imprecisato tra i preesistenti e gli aperti) oggi scoprono che rischiano di perdere questa possibilità. Di più: di dover restituire i rendimenti delle compagnie assicurative cui i loro fondi avevano dato mandato per la gestione dei comparti. Questo perchè l’Isvap non ha ancora emanato il provvedimento con cui deve regolare le «norme relative al tasso annuo massimo garantibile dalle compagnie vigilate per i contratti di ramo VI e per i Pip»; e in attesa di questo provvedimento, valgono come norme transitorie le «disposizioni sul tasso annuo massimo garantibile, definite per gli altri contratti di cui al capo III del titolo II». Al 2,5% oggi, contro il 3% del Tfr. Le citazioni sono tratte dal Regolamento Isvap n. 21 del 28/3/2008. L’«apposito provvedimento» annunciato poco meno di un anno fa non è ancora stato emanato. Interpellata a riguardo l’Isvap dice che «la questione e l’urgenza sono a noi ben presenti. Stiamo lavorando per far uscire a breve il Regolamento». Difficile in ogni caso elencare tutti gli effetti negativi di questo ritardo: da calcolare rispetto all’entrata in vigore della riforma del Tfr (d.legs. 252/2005), il primo gennaio del 2007. Il vuoto normativo toglie parte di protezione ai lavoratori succitati. Mette in grande imbarazzo le stesse compagnie assicurative, Cattolica, Eurizon Vita e Unipol, che garantendo a una decina di fondi pensione la rivalutazione del Tfr nelle loro linee garantite (Solidarietà Veneto, Cooperlavoro, Pegaso, Prevaer, Eurofer, Prevedi, Priamo, Fopadiva, Previlog) si trovano nella condizione di aver fatto una «fuga in avanti» rispetto al proprio regulator (nel marzo scorso il mercato offriva agli istituzionali rendimenti minimi superiori quanto indicato da Isvap), da cui avevano avuto rassicurazioni informali. E crea difficoltà ai fondi pensione, che – dopo quello che è successo sui mercati finanziari – provano ad offrire se non proprio lo stesso tasso del Tfr, un rendimento garantito ai propri iscritti, potenziali e non.
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