C’è voluta una crisi finanziaria sistemica e una recessione globale per far sì che i fondi pensione rendessero meno del Tfr. Per la prima volta dal 2003 il trattamento di fine rapporto ha sorpassato il rendimento medio dei fondi complementari: +17,5% contro +15%. Un sorpasso rimarchevole, non fosse altro perchè in questi ultimi anni le pensioni di scorta hanno sempre viaggiato molto al di sopra il livello di rivalutazione delle liquidazioni, staccandole in alcune fasi di oltre 10 punti percentuali.
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Ma la crisi finanziaria che imperversa da 17 mesi ha fatto saltare anche questa certezza. È quanto emerge dall’aggiornamento statistico messo a punto dalla Covip, commissione di vigilanza sui fondi pensione, con gli ultimi dati relativi al mese di ottobre, il più nero della recente (e non) storia borsistica internazionale. La commissione ha calcolato che sono i Pip (piani individuali pensionistici) le forme previdenziali più penalizzate dalla crisi dei mercati: mediamente hanno perso da inizio 2008 il 21,4%, con punte del 31% per le linee azionarie, cui aderisce circa un quarto di chi ha preferito queste polizze previdenziali ai fondi Pensione. Tra questi ultimi, gli aperti registrano un rendimento medio del 12,6% (con punte del -23,6% per gli azioniari), mentre i fondi di categoria hanno limitato il ribasso al 6,7%. Proprio sui negoziali, come evidenziato sul numero di «Plus24» di sabato, il solo mese di ottobre ha inciso con un meno 2%. Conseguenze inevitabili, vista la tempesta cui (ancora) stiamo assistendo, che ha depresso oltre l’immaginabile i corsi borsistici e fatto impennare – anche qui, contro ogni aspettativa – l’inflazione.
Ma forse il dato è meno pesante di quanto possa apparire: Covip infatti ricorda che solo il 10% del patrimonio dei fondi pensione (circa 20 miliardi di euro in tutto) fa riferimento a linee azionarie, il 40% è in linee bilanciate mentre la metà circa è investito in linee obbligazionarie o garantite. Le linee garantite, cui aderisce tra il 20 e il 25% degli iscritti totali, hanno l’obiettivo di ottenere rendimenti "confrontabili" con quelli del Tfr.
Anche per questo la gara delle performance tra fondi pensione e liquidazione è impropria: l’adesione al linee garantite, anche se poche replicano esattamente il Tfr, protegge il lavoratore dai crack di Borsa, oltre ad offrir loro i vantaggi fiscali derivanti dall’adesione. Inoltre, i fondi pensione hanno un orizzonte di lungo, spesso lunghissimo periodo e hanno come obiettivo l’erogazione di una prestazione aggiuntiva (e sempre più indispensabile) alla pensione di base: e quindi i cali attuali possono rivelarsi tra diversi anni efficienti per chi è distante dalla pensione più di 10/15 anni. Mentre il tasso di rivalutazione del Tfr (il 75% dell’inflazione più l’1,5%) serve a calcolare il denaro in deposito presso la propria azienda. Ma l’alternativa posta ai lavoratori dipendenti sulla destinazione del loro Tfr propone di continuo il confronto.
A confermare che la dinamica dei rendimenti non rappresenta l’elemento di maggiore interesse per l’adesione alla previdenza complementare, Covip rende noto che da inizio 2008 a fine ottobre le iscrizione a negoziali, aperti e Pip sono cresciute tra i lavoratori dipendenti privati di circa 200mila unità, il 5,4%. Spiccano in questa dinamica le forme individuali, in particolare i Pip che raccolgono la metà dei nuovi iscritti, []con un incremento del 31%; bene anche gli aperti che crescono di 37mila aderenti (+10,7%). Un successo che si spiega con gli incentivi commissionali che agenti e promotori finanziari hanno nel collocare questi strumenti alla clientela (che infatti paga costi superiori rispetto ai fondi di categoria) in cambio di una consulenza specifica. I negoziali, pur crescendo (+2,9%), soffrono e calano nei settori maturi: come le aziende meccaniche, il tessile, l’alimentare ma anche nel chimico.
P.S. Per evrificare l’apporto del contributo datoriale, oltre che delle agevolazioni fiscali, vedi il post "iI fondi pensione battono ancora il Tfr, confrontando i "soldi veri".