Chi vuol comprare i titoli tossici delle Casse (e cosa sono le sharing fee)

Prima facevano la fila per proporre alla Casse previdenziali titoli garantiti; sicuri, in grado anche di offrire rendimenti interessanti, superiori magari ai titoli di Stato. Ora che quegli stessi titoli si sono rivelati in alcuni casi «tossici», fanno la fila per proporre rinegoziazioni o «swap» (scambi) con altri prodotti finanziari. Ma in sala d’attesa ci sono sempre loro: i rappresentanti delle investment bank più brillanti a livello internazionale. Alcuni di loro hanno cambiato casacca: lasciando Lehman Brothers, ad esempio, per allocarsi altrove.

Ma di quali prodotti parliamo? Una categoria è quella delle azioni o obbligazioni Lehman Brothers: poca roba, per le prime c’è poco da fare per le seconde c’è da aspettare gli esiti del Chapter 11. Poi c’è la categoria delle «note», ossia obbligazioni emesse da veicoli finanziari. Alcuni di questi sono stati "partoriti" da Lehman Brothers e c’è chi sostiene che qui siano state scaricate le tossicità della banca Usa. Tra le più diffuse nelle Casse italiane Saphir e Anthracite, con sottostanti azioni come ad esempio Northern Rock (nel primo caso) o fondi di fondi hedge (nel secondo) come Tarchon. Poi ci sono altri strumenti legati a cartolarizzazioni, Cdo (collateral debt obbligation), Abs (asset back securities), che già nel 2007 avevano in taluni casi sofferto molto.

Il vero dubbio delle Casse, oggi ancor più che in passato, è se accettare le proposte delle investment bank: conviene cioè sbarazzarsene e scaricare su qualcun altro il titolo tossico? Se qualcuno intende comprarlo, non è che c’è del valore da mantenere fino a scadenza? Il ciclone che spazza da 15 mesi sui mercati ha penalizzato alcuni titoli in modo talvolta eccessivo; altre volte a ragione.

Nel dubbio ci si muove in ordine sparso. O quasi. In Enpam (medici) soffia forte il vento del wait and see: i dubbi or ora espressi sono forti e vogliono vederci chiaro prima di prendere una decisione. Enasarco, invece, ha già scelto Crédit Suisse come nuovo garante della note Anthracite. È casuale che proprio a Crédit Suisse erano passati alcuni manager attivi prima a Lehman, come Fabio Liotti o Andrea Negri? Il presidente della Fondazione Enasarco Brunetto Boco sostiene che i contatti con l’istituto elvetico erano precedenti al passaggio di Liotti a Crédit Suisse, anche se la decisione è quasi concomitante.

Enpacl, la cassa dei consulenti del lavoro, è stata avvicinata da emissari di diverse banche per uno swap su Anthracite. Ma il Cda ha deciso di indire una gara per la ristrutturazione della nota: invitando sei banche selezionate preliminarmente a inviare altrettante proposte entro il 20 novembre (la decisione finale è prevista per metà dicembre). Chi sono? La Cassa non vuole rivelare i nomi, anche se è lecito credere che non siano stati esclusi soggetti come Crédit Suisse, Barclays, JP Morgan. La prescelta dovrà ricreare un’altra nota al posto di quella Lehman, garantendo capitale e rendimento minimo e rimettere in possesso della Cassa il fondo dei fondi hedge sottostante. Identica la scelta dell’Eppi, la cassa dei periti industriali: anche perché condividono con l’Enpacl lo stesso studio legale, Gianni-Origoni-Grippo.

E intanto la vigilanza che fa? Dopo il via libera formale dei presidenti dei due rami del Parlamento, Fini e Schifani, all’indagine conoscitiva sulla situazione economico-finanziaria delle casse privatizzate (vedi anche Plus24 del 30/8/2008), il presidente della commissione di vigilanza sugli enti previdenziali, Giorgio Jannone ha convocato il presidente dell’Adepp Maurizio de Tilla. L’audizione non pare aver soddisfatto i membri della commissione: lo storico numero uno dell’associazione delle Casse ha provato a rassicurare la commissione sull’esposizione al rischio dei portafoglio previdenziali. Ma i parlamentari guidati da Giorgio Jannone volevano i dati esatti sull’esposizione a Lehman Brothers e ad altri titoli penalizzati dalla crisi. Obbligazioni strutturate comprese. La ragione di questa inclusione risiede in quello che è considerato un segreto di Pulcinella: lo sharing fee, ossia ripartire le commissioni. Con chi? Con chi quei titoli li acquista. Una pratica la cui probabilità e diffusione cresce con il crescere della complessità delle «strutture». Una pratica difficile da dimostrare, a meno che a questo provveda qualcuno in uscita dal mercato.