Chi sperava che l’ombrello previdenziale dei Pip l’avesse protetto dalla crisi dei mercati finanziari resterà deluso. Almeno in parte, perchè i piani individuali pensionistici sono un universo bifronte: con strumenti agganciati a gestioni separate di ramo I che offrono ai propri aderenti rendimenti più o meno allineati con quelli dei titoli di Stato; mentre i Pip legati a gestioni unit registrano ribassi anche consistenti da inizio 2008 alla fine di settembre, vista la spiccata vocazione azionaria di alcune linee proposte dalle compagnie.
La Covip, commissione di vigilanza sui fondi pensione, ha reso noto di recente che il 54% degli aderenti ha scelto finora la prima tipologia di Pip mentre il 46% risulta iscritto a strumenti previdenziali più esposti all’andamento – negativo – delle Borse internazionali. Diciamo subito che per le gestioni unit l’effetto della recente crisi finanziaria è abbastanza inevitabile: se l’esposizione al mercato supera il 50% del fondo collegato, è naturale registrare cali superiori al 20%, dal momento in cui i mercati internazionali registrano da inizio anno cali del 40% circa. Non è un mistero per gli addetti ai lavori: ma quanti di coloro che hanno preferito i Pip ai fondi pensione, magari confidando nel marchio assicurativo dell’emittente o del distributore, ne sono stati consci?
Da sottolineare che più dei negoziali o degli aperti, i Pip hanno sviluppato un’innovazione di prodotto più marcata. I rendimenti in questione, talvolta, sono strumenti che gli aderenti sostituiscono secondo il principio del lifecycle, che adatta la composizione di azioni e obbligazioni in portafoglio all’età dell’iscritto: diminuendo le prime e aumentando le seconde all’innalzamento dell’età.
È il caso di prodotti come quelli proposti da Eurizon Vita che sottolinea la peculiarità di prodotti come Vita&Previdenza Sanpaolo Più e EurizonVita Progetto Pensione Bis, la cui composizione in capo all’aderente muta con l’innalzamento dell’età: «Il risultato individuale – dice la società – dipende dalla quota di azionario presente nel singolo portafoglio e che è diversa in base alla vita residua del contratto». discorso analogo per Mediolanum Vita: La compagnia sottolinea come «I dati diffusi riguardano la performance dei singoli fondi: che sono "mattoni" che compongono i diversi profili disponibili. Le performance delle posizioni dei singoli clienti – aggiunge la società guidata da Ennio Doris – dipende dallo slittamento periodico dell’aderente da "mattoni" a maggior componente azionaria ad altri in cui è inferiore, secondo la logica del ciclo di vita».
È appena il caso di sottolineare la dinamica pluridecennale delle scelte previdenziali: che anche oggi spingono gli esperti a indicare come più efficienti le scelte ad alta componente azionaria, almeno per chi ha oltre 5/10 anni di lavoro prima della pensione. Per non correre il rischio della mancata opportunità.
Da segnalare che dopo una partenza poco brillante nel corso del 2007 (con circa 300mila adesioni al 31/12), la sottoscrizione dei Pip ha subìto una notevole accelerazione e ora i Pip hanno sfondato quota mezzo milione di adesioni, secondo quanto emerge dall’elaborazione della tabella qui di lato (che considera gli altri player assestati a circa il 15% del mercato). Un’accelerazione spinta dalle reti di distribuzione, che una volta a regime sono riuscite a motivare agenti e promotori finanziari sul collocamento dei Pip: ovviamente riconoscendo loro una porzione dei costi sostenuti dagli aderenti. Che a 10 anni per i Pip ammontano all’1,9%, contro lo 0,4% dei fondi negoziali e l’1,2% degli aperti. Costi superiori, innovazione di prodotto accentuata e modalità di calcolo delle prestazioni già definite e comprensive del tasso tecnico, ossia la percentuale di "anticipazione" riconosciuta sui primi anni di rendita.