Tra le diverse luci riguardanti il disegno di legge di Stabilità, brilla l’ombra relativa all’aumento della tassazione sulla previdenza complementare. E’ un tema che ha creato molto scompiglio e non solo tra gli aderenti ai fondi pensione. Il messaggio che viene dato neanche troppo implicitamente è che per fare cassa oggi si taglia il futuro: quello che serve, intenzionalmente, a rendere meno incerto il futuro previdenziale dei lavoratori. Insomma, ridurre – anche se di poco – la prospettiva del secondo pilastro non è un bel messaggio: dà l’idea che si raschia il barile, pur di fare gettito. Ma a quanto potrebbe ammontare?
Come ho recentemente spiegato sul sito web del Sole 24 Ore, le prime indicazioni ipotizzano un incasso per il Fisco di 450 milioni di euro. Una cifra calcolata ipotizzando un rendimento medio annuo del 4%. Il problema è che negli ultimi dieci anni il rendimento medio non ha superato il 3,5%. Vero è che per calcolare nel dettaglio il gettito conterebbe sapere quanti aderiscono alle linee garantite, quanto rendono queste e quelle oblbigazionarie, quanti invece vanno in rosso, quanto credito di imposta si genera anno per anno, oltre a identificare ogni quanto si applica l’aliquota sui rendimenti al 20%.
Insomma, quei 450 milioni sono un obiettivo molto ambizioso: più credibile un 300-350 milioni. Sempre che i mercati finanziari non invertano una tendenza positiva che prosegue da cinque anni; in caso di rendimenti bassi o nulli il prelievo sui rendimenti si riduce a una cifra molto più vicina allo zero. C’è poi chi ipotizza che la possibile entrata in vigore retroattiva della norma sia finalizzata a incassare almeno qualcosa da questo 2014 che come gli anni precedenti si è mostrato abbastanza generoso sui mercati finanziari. Mentre del domani non v’è proprio certezza, anzi.
E invece, cosa accade a chi ha aderito alla previdenza complementare? Di quanto si ridurrà la sua rendita in prospettiva. L’ipotesi riportata nel corso dell’ultima Bussola del Risparmio, riferisce che l’aumento della tassazione dall’11,5% al 20%, in caso di adesione per 30 anni e con rendimenti costanti al 4% annui, genera un calo nel montante del 6% e delle rendite del 6,38%. Nel caso di un metalmeccanico che va in pensione a 65 anni (e dopo aver accumulato un montante di 100mila euro) si può stimare una riduzione delle rendite annue di 371,89 euro. Poco? Non fatelo sapere a Palazzo Chigi, potrebbe rendere il prelievo ben più pesante…..