È stato un anno da dimenticare anche per loro, ma i fondi pensione tutto sommato hanno contenuto le perdite: il calo dei negoziali è stato di circa il 6% (mentre il Tfr nello stesso periodo si è rivalutato del il 2,7 netto). Certo, non è un risultato che si aspetta chi crede di aver investito in strumenti privi di rischio la cui missione è quella di offrire una pensione integrativa domani.
Ma con tutto quello che è successo sui mercati, i gestori dicono che poteva andare anche peggio. Nell’analisi dei risultati, la chiave di lettura dovrebbe partire da alcune considerazioni: sono strumenti con un orizzonte temporale lunghissimo, hanno il vantaggio di poter usufruire del contributo datoriale e contano su un trattamento fiscale favorevole.
«Un rendimento negativo come questo – spiega Paolo Moia, responsabile clienti istituzionali di Eurizon Capital – è un risultato accettabile, perché il 2008 è stato l’anno peggiore dal 1929. Un calo di questa entità potrebbe quindi essere recuperabile in tempi brevi, per esempio in un paio d’anni, non appena i mercati ripartiranno». Le stime degli addetti ai lavori parlano di fine 2009 inizio 2010.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche Marco Barbaro, amministratore delegato di Bnp Paribas A.M. «È stato un anno eccezionale – dice – in cui le Borse hanno accusato perdite nell’ordine del 40% e che ha colpito soprattutto quel 10% di aderenti che ha investito sulle linee azionarie e in parte il 40% che si è rivolto a quelle bilanciate. Certo è che un anno non può essere preso come riferimento nella valutazione del settore e tanto meno un anno come il 2008».
Analoga la valutazione di Enrico Bovalini, responsabile portafogli istituzionali di Pioneer Investments «È stato il peggiore degli ultimi 80 anni. In questo contesto va letto il risultato dei fondi pensione italiani che, in media, hanno limitato le perdite al 6%. È un risultato indicativo del loro profilo molto prudente e di come il sistema di garanzie e controlli abbia tenuto bene».
In sostanza la convinzione dei gestori è che i fondi pensione si siano comportati coerentemente con quanto stabilito dal modello di gestione. «Per raggiungere gli obiettivi di medio/lungo termine – afferma Moia – è previsto che si identifichi un parametro e poi lo si segua, anche se questo a volte può comportare una certa rigidità. Peraltro non credo che una delega totale ai gestori in questo frangente avrebbe funzionato». Una revisione del decreto 703/96 che disciplina i criteri di investimento forse potrebbe offrire più elasticità. «Attenzione perché le strategie decorrelate – continua Moia – funzionano se sono in pochi a utilizzarle». In questo caso il loro impatto potrebbe essere positivo. «Credo che bisognerebbe dare più flessibilità nel breve termine rispetto ai benchmark strategici – sostiene Barbaro – in modo da essere più liberi nel gestire le situazioni difficili. Credo anche che sarebbe utile una riforma del decreto 703 per consentire di identificare un parametro di rischio, per esempio il Var».
Bovalini segnala anche i rischi che possono derivare da una rivisitazione del decreto. «Le regole restrittive del 703 – sostiene – hanno finora impedito ai fondi di avere un peso eccessivo su investimenti, quali ad esempio commodities o hedge fund, che quest’anno hanno subìto perdite fortissime. E poi il metodo di controllo del rischio attuato fino adesso è più efficace nel tutelare il cliente dal maggior rischio che potrebbe derivare da un’eccessiva libertà del gestore». Gli esperti non hanno comunque dubbi sull’utilità dei fondi pensione, indipendentemente dai risultati del 2008. «Conviene assolutamente aderire – conclude Moia – sia per i vantaggi del contributo datoriale, sia per il trattamento fiscale. E per valutare i risultati bisogna fare bene i calcoli e tenere presenti questi due aspetti, soprattutto il primo». «Il fondo pensione – gli fa eco Barbaro – è la soluzione previdenziale più idonea».
«Se i soldi vengono lasciati nel Tfr – aggiunge Bovalini – il lavoratore perde il contributo dell’azienda, inoltre il Tfr verrà tassato con l’aliquota marginale al momento dell’incasso (dal 23% fino all’aliquota massima 41%), mentre il fondo pensione verrà tassato in funzione della durata della sottoscrizione (da un massimo del 15% fino al minimo del 9% per chi lo avrà mantenuto più a lungo)».
Di Isabella Della Valle