Alice ha nove anni e inizia tra pochi giorni la quarta elementare. I suoi genitori – e lei ancor meno – hanno poche certezze sul suo futuro: di studente, innanzitutto, e poi professionali. Ma Alice sa che tra quindici anni, quando all’incirca avrà terminato l’Università, potrà affrontare il mondo del lavoro con un bagaglio in più. Previdenziale. Sì perché il padre di Alice ha deciso l’anno scorso di iscrivere la figlia al fondo pensione complementare cui lui stesso ha aderito. Una scelta che può apparire originale, ma che in realtà presenta molteplici elementi di convenienza e vantaggio: iniziare un piano di accumulo in un fondo pensione consente a Alice di poter contare tra una quindicina d’anni su un capitale che – investito con versamenti periodici tramite strumenti a basso costo e a controllo del rischio monitorato – a buon diritto potrà essersi rivalutato in misura interessante. Anche perché, ritiene il genitore, un’importante crisi finanziaria è alle spalle e si presume possa essere profittevole iniziare oggi quel «lungo periodo», come promesso – ma non garantito – dall’opzione previdenziale. Inoltre, leggendo i rendiconti del fondo pensione, Alice può imparare a conoscere i primi rudimenti dei meccanismi matematici che caratterizzano finanza e previdenza; ad esempio il calcolo dei rendimenti composti. Apprendendo quella «cultura» in materia così poco diffusa in Italia. Ma c’è un altro vantaggio che Alice probabilmente non considererà, a differenza invece di suo padre: i versamenti della sua posizione previdenziale possono essere interamente deducibili fiscalmente. Ogni genitore, infatti, può far rientrare nel limite massimo di 5164,57 euro annuo di deducibilità fiscale anche i versamenti per i proprio familiari a carico (nulla vieta di accantonare per i propri figli una cifra eccedente quella soglia). È quanto prevede l’art.8 comma 4, della legge 252/2005, la "legge Maroni" di riforma del Tfr; ma lo prevedeva per fondi pensione aperti e ai piani individuali pensionistici già la legge 47/2000. La norma permette di sottrarre al reddito imponibile sia i contributi volontari che quelli del datore di lavoro (in caso di adesione collettiva) al fondo pensione. E se l’aderente non raggiunge la fatidica soglia dei 5.164,57 ero con queste due voci può utilizzare la contribuzione di un familiare a carico. In altre parole, l’iscrizione dei figli consente ai padri (o alle madri) di pagare meno tasse. Un’opportunità consigliata esplicitamente dal ministro del Welfare Maurizio Sacconi pochi mesi fa, in occasione della relazione annuale 2008 della Covip, la commissione di vigilanza sui fondi pensione. Sacconi ha aggiunto che nei prossimi decenni sarà sempre più indispensabile poter contare su uno strumento previdenziale aggiuntivo, visto che le pensioni pubbliche saranno sempre meno generose. Al momento però solo una decina di fondi di categoria hanno introdotto nel proprio statuto la possibilità di iscrivere i familiari a carico. Sono Arco (legno e arredo), Fon.Te (commercio), Laborfonds (fondo regionale del Trentino Alto Adige), Fopadiva (fondo regionale della Valle d’Aosta), Cooperlavoro e Previcooper (cooperative), Prevaer (operatori aeroportuali), Artifond (artigiani), Agrifondo (agricoltori), Mediafond (gruppo Mediaset). Molto più avanti i fondi pensione aperti e i Pip, grazie all’attività di collocamento e consulenza delle reti di promotori finanziari e di agenti assicurativi. La consulenza spiega un punto: iscrivere i figli a un fondo pensione non è un sacrificio ulteriore, ma ottiene un vantaggio dal Fisco perché lo Stato intende incentivare i singoli a costruirsi una posizione per il futuro prossimo; e allo stesso tempo innalzare la conoscenza in materia, strappandola al luogo comune dello Stato-mamma che provvede sempre per i propri figli. A questo scopo Covip ha avviato una serie di contatti per una campagna di divulgazione in materia, raccogliendo la disponibilità del Welfare, della Banca d’Italia e della presidenza del Consiglio. Si attendono ancora risposte dal ministero dell’Istruzione. Ma quanti sono i baby-previdenti? Difficile dirlo: secondo l’ultima relazione annuale Covip gli iscritti under 25 sono il 3% del totale, circa 140mila; ma tra questi la gran parte è già in attività.
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