Gli studiosi lo definiscono “home bias”, oss ail legame con la propria casa, il proprio nido, il proprio specifico. Una nozione declinabile ogni volta in città, quartiere, patria, casa. Casa nostra ha una forza emozionale impareggiabile con ciò che ci risulta “straniero” o “estero”. Per non parlare di ciò che è a noi sconosciuto. Sto parlando di psicologia, antropologia culturale o politica? Poco importa (almeno secondo me). Sto cercando di descrivere come funziona la nostra mente di fronte ad alcune decisioni. Se applicati questi concetti alle scelte finanziarie si scoprono e si spiegano molte cose. Prendiamo il caso di chi, prima di partire per gli Stati Uniti, debba decidere dove cambiare la valuta. A casa propria o una volta sbarcati, per esempio, al Jfk di New York? Quale scelta è più conveniente? Il collega Maximilian Cellino fornisce una risposta documentata, razionale e approfondita.
Ovviamente, saremmo felici al Sole 24 Ore se questi articoli ottenessero una diffusione oceanica e aiutassero nelle loro scelte moltissimi consumatori. E un po’ ci speriamo… Di fatto, le scelte finanziarie sono solo in parte razionali, com’è noto. La riprova? Basta guardare il portafoglio delle famiglie italiane, fotografato nel Rapporto della Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie italiane (2016), da cui emerge come i pochi risparmiatori di casa nostra che investono in azioni detengono nelle aziende italiane un controvalore di circa 70 miliardi di euro e nelle aziende estere circa 20. Una sproporzione clamorosa, se si considera che Piazza Affari pesa per poco più dell’1% nel patrimonio complessivo delleBorse internazionali.
Per ogni euro investito in società come Apple, Danone, Roche, ce ne sono due e mezzo in Eni, Enel ma anche Cembre, Mondo Tv, Tesmec. Ovviamente non discuto della bontà delle aziende e dell’investimento azionario in quei titoli, quanto sulla scarsa lucidità nel cercare e trovare fuori dai confini della nostra “home” gli investimenti più coerenti con le nostre esigenze.