Fa impressione specchiarsi nelle vicende greche di questi ultimi giorni che hanno portato in piazza migliaia di persone per protestare contro la riforma delle pensioni e a scontrarsi con le forze dell’ordine.
I sacrifici imposti sono gravosi: tagliato il tetto alle pensioni (non più di 2300 euro mensili), tassazione fin’oltre il 75%, il tutto per risparmiare l’1% del Pil, meno di 2 miliardi di euro all’anno. Inevitabile la tensione in pazza, con un Tsipras che, come spiega il nostro Vittorio Da Rold, si trova come da proverbio tra l’incudine e il martello.
http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2016-02-04/grecia-paese-paralizzato-sciopero-contro-tagli-pensioni-111948.shtml?uuid=ACXatVNC&fromSearch
Resta da fare mente locale da dove si viene: perchè negli anni d’oro dell’Ellade, quando i conti pubblici venivano manomessi, molte pensioni erano “false” cioè erano erogate dopo la presentazione di documentazione non corrispondente alla realtà: il governo Papandreou aveva calcolato che erano il 14% di tutte quelle pagate e che nessuno andava a controllare (con la complicità dei dipendenti pubblici). Ciò ha portato a una spesa pensionistica sul Pil pari al 17% e il debito pubblico al 177,1%. Una vicenda che ricorda non troppo da lontano le vicende italiane: prima il lassismo guidato dalla politica che ha usato le pensioni come strumento di marketing, poi la tardiva identificazione delle ricette per riequilibrare i conti, quindi l’emergenza. Eppure previdenza significa o significherebbe muoversi per tempo per gestire i rischi futuri. Ciò che possiamo fare adesso – sia noi che i greci – è per lo meno comprendere la lezione.