Nel Regno Unito o a Wall Street si invita a evitare i falling knives: sono i “coltelli che cadono”, ossia le azioni che calano in Borsa nella fase “orso” di mercato. Il tema è caldissimo, in questi giorni di volatilità e impressionante saliscendi dei grafici. Sperare di cogliere al volo il titolo giusto, al suo minimo, per poi guadagnarci in misura consistente, è il sogno proibito di tutti. Ma solo alcuni, anzi pochi, pochissimi, hanno la capacità e la possibilità soprattutto psicologica di farlo. Perché trader non ci si improvvisa dalla sera alla mattina, anche se può apparire evidente come le cose possano andare il giorno dopo. Gli affari, quelli veri, sono davvero evidenti solo a posteriori.
Qui sopra il grafico del Ftse Mib degli ultimi tre mesi
L’invito ad evitare i falling knives è un invito a resistere alla tentazione di “mediare” posizioni già aperte su quelle azioni, acquistate a prezzi più alti. Una tentazione strutturale per i mercati finanziari, ottimisti per definizione: dalla remunerazione dei manager delle aziende quotate, a quella dei gestori a quella di intermediari e consulenti. Quando invece le cose vanno male ci si trova impreparati; e viene anzi visto con sospetto e tacciato di speculazione chi guadagna con i Npl, distressed debt, fondi di tournaround. Charles Dow, più di un secolo fa, aveva identificato la regola dei cinque anni: è inevitabile che a un quinquennio di rialzi ne faccia seguito un altro di ribassi, seppur parziali. Una visione che abbassa notevolmente il testosterone borsistico e consente di analizzare un po’ più lucidamente l’andamento dei mercati. Solo un corretto metodo consente di evitare perdite inattese: dagli stop loss alla determinazione dell’orizzonte temporale.
Ciò detto niente impedisce agli investitori di trovare titoli in controtendenza con il mercato e di investirvi profittevolmente. Fare nomi è impegnativo (non sto invitando certo a investirvi) ma vista la cronaca degli ultimi giorni è abbastanza facile individuare qualche azione in rilevante crescita: Facebook annuncia utili per mezzo miliardo di dollari al mese, Apple se la passa peggio, ma ha cassa quanto il Pil del Belgio; Google non sembra patire troppo le cartelle esattoriali di Equitalia. Tutto si gioca nella giusta selezione, nella scelta del prezzo di ingresso e di uscita. Scegliere è la parola giusta: ossia selezione, metodo, controllo dei risultati e quindi anche dei rischi collegati. In un momento in cui tutti si fasciano la testa per un trend borsistico negativo è il caso di sottolineare ciò che va in controtendenza (se c’è: altrimenti, si resta liquidi). E’ il lavoro di trader professionisti, ma anche di investitori istituzionali come assicurazioni, fondazioni e fondi pensione che, entro i proprio criteri di investimenti, traggono profitto talvolta anche dalle fasi negative di mercato. Perchè investire non significa necessariamente tagliarsi con un coltello che cade. E rischio non significa certezza di perdita.