Ci sono rivoluzioni lente e che solo osservate in un orizzonte di lungo termine appaiono in tutta la loro evidenza. Ed è la stessa terminologia, con la sua evoluzione, a indicare il cambiamento. C’erano una volta i fondi interni alle aziende, che fino agli anni 80 erogavano al momento del pensionamento una seconda rendita pensionistica al lavoratore o, più spesso, una seconda liquidazione in forma di capitale. Poi, negli anni 90 con le nuove norme che hanno definito modalità e orizzonti dei fondi pensione, si è iniziato a parlare di previdenza integrativa: strumenti dedicati a chi intendeva aggiungere alla propria pensione di base un reddito aggiuntivo. Nel decennio successivo si è iniziato a parlare di previdenza complementare, vista la sempre maggiore necessità di completare una pensione si primo pilastro, sempre meno sostanziosa, con uno strumento in grado di raggiungere il livello di prestazione analogo a quello ottenuto da chi andava in pensione con il vecchio e più generoso sistema retributivo. Oggi, dopo la crisi finanziaria che ha messo in ginocchio prima i mercati e poi gli assetti produttivi dei paesi industrializzati,dopo quella che è stata definita una vera e propria guerra economica una rivoluzione dell’ordine di priorità, si è assistito a una divaricazione: da una parte ampie fette di popolazione che non hanno potuto più accedere a strumenti privati di previdenza e assistenza sanitaria, complice l’aumento della disoccupazione.
Dall’altra un rafforzamento dell’utilizzo di questi stessi strumenti, tanto che sono sempre più numerosi gli accordi collettivi siglati all’interno delle aziende per rafforzare la protezione dei lavoratori in ottica previdenziale e sanitaria, fino a parlare di Welfare integrato:un insieme di prestazioni private di carattere pensionistico, sanitario e assistenziali, che costituiscono tutti insieme un cuscinetto di protezione per l’individuo alle prese con una realtà molto più complessa di quella che caratterizzava gli individui nei decenni precedenti. E i conti dello Stato, com’è noto, offrono pochi margini per aumentare le pensioni e la spesa sanitaria. Anche per questo la normativa ha allargato e vantaggi fiscali di queste forme di protezione, incentivandone la diffusione: la legge di Stabilità 2015 prevede sgravi fiscali per circa 4 miliardi il primo anno e 4,2 nel secondo, anche grazie a strumenti innovativi come i voucher (attesi alla prova dei fatti nel 2016); parallelamente sono cadute le preoccupazioni di chi temeva che la diffusione di strumenti di Welfare privato fosse un modo nascosto di tagliare le prestazioni pubbliche rivolte alla collettività.
Pensioni di secondo pilastro, dunque, per recuperare la riduzione rispetto alle prestazioni delle generazioni precedenti, fondi sanitari per allargare la protezione sulla salute: ma anche nuove soluzioni e opportunità che si sono affacciate nella vita quotidiana degli italiani: il telelavoro, che consente di operare a distanza risparmiando tempo e costi fissi per le aziende e i suoi dipendenti, oppure forme di conciliazione famiglia/lavoro, in particolare per le lavoratrici, che permettono di mettere insieme le esigenze produttive con quelle relative all’organizzazione familiare. Oltre ad una sempre più diffusa copertura sanitaria integrativa (che talvolta va a sostituire le prestazioni pubbliche), che offre a chi lavora la garanzia di tutela rispetto a un bene prezioso come la salute, propria e dei propri familiari.
In molti hanno notato come il primo euro recuperato nel post-recessione dalle azienda italiane sia andato – complice gli sgravi fiscali – ad aumentare la protezione dei dipendenti, i quali hanno mostrato di gradire questa opportunità rispetto alla destinazione di un aumento in busta paga: dai check up medici ai contributi per le spese scolastiche dei figli, dalle rette per gli asili nido a contributi per la formazione dei lavoratori, da una maggiore contribuzione a fini previdenziali allle agevolazioni per attività sportive fino ai contributi per trasporti e al car sharing, sono molte le iniziative di Welfare integrato che grazie alla contrattazione hanno ampliato le tutele degli individui.
Ma non di tutti, come anticipato. Molti infatti hanno dovuto rinunciare al proprio secondo pilastro previdenziale o sanitario: secondo Covip su 6,5 milioni di iscritti alla previdenza complementare ben 1,6 hanno smesso di versare i contributi per effetto della crisi. Le nuove garanzie di un Welfare integrato si sono rivolte finora a un gruppo ristretto di lavoratori, circa 600mila, in grande maggioranza dipendenti; restano esclusi i lavoratori di aziende che non hanno avuto ancora modo di compiere questo scatto e soprattutto la stragrande maggioranza dei lavoratori autonomi, che devono costruirsi in modo altrettanto autonomo il proprio Welfare. Una strada in salita, su cui stanno lavorando diverse associazioni per supportare le esigenze dei singoli lavoratori. Ed evitare che le garanzie conquistate in passato riguardino solo una minoranza di lavoratori italiani.