Ripopongo in questa sede quanto scritto un paio di settimane fa in Soldi in Testa, la rubrica del settimanale Plus24 in cui mi occupo di identificare le correlazioni tra mente e denaro. Al di là del caso del risparmiatore suicida, è di tutta evidenza il gap negativo di alfabetizzazione finanziaria e l’incapacità degli italiani di riuscire a gestire in modo consapevole il proprio rapporto con il risparmio. Nei contesti di provincia, dove la collateralità tra cliente e sportello bancario è forte, il processo decisionale e la valutazione di convenienza vengono cancellati dal vecchio concetto di delega: “Mi fido, così non ci penso”. Atteggiamento tipico di chi non ha la preparazione necessaria né intende averne. Esponendosi al rischio di separarsi dal proprio denaro, a vantaggio di chi invece mostra una maggiore preparazione in materia. Vi lascio alla lettura di quanto scritto sull’ultimo rapporto che fotografa la (im)preparazione degli italiani e degli altri risparmiatori a livello mondiale, realizzato ad opera – tra l’altro – di una ricercatrice italiana.
“La prima buona notizia è che questa rilevazione è stata realizzata da player molto qualificati e di gran peso nel mondo degli affari e della comunicazione. La Standard & Poor’s Ratings Services Global Financial Literacy Survey ha unito gli sforzi della McGraw Hill Financial, l’editore di S&P, del settore ricerca e sviluppo della Banca Mondiale, dell’istituto di sondaggi Gallup e della Global Financial Literacy Excelence Center, il centro studi dedicato all’educazione finanziaria guidato negli Stati Uniti da Annamaria Lusardi. La seconda buona notizia è che sia stata una donna italiana a guidare un processo di analisi dati così corposo e dettagliato, che ha monitorato oltre 150mila adulti in 148 paesi per determinare il livello di competenza finanziaria attraverso la comprensione di quattro temi: capacità di formulare calcoli, inflazione, diversificazione del rischio e interessi composti.
Qui le buone notizie finiscono, perché dall’indagine emergono le difficoltà di due terzi della popolazione mondiale nel fronteggiare i temi base per la gestione del proprio denaro nella vita quotidiana: chi vi riesce ha più potenzialità di partecipare al contesto economico di riferimento, dispiegando le potenzialità del proprio capitale umano; chi invece si trova in difficoltà è a rischio esclusione: le persone private di istruzione e di reddito, le donne. L’indagine definisce come financially literate, l’individuo in grado di comprendere tre delle quattro direttrici di comprensione. In base a ciò, il 33% degli adulti nel pianeta mostra una preparazione adeguata alle necessità: un dato insoddisfacente e preoccupante.
La classifica per paese non rispecchia certo quella per prodotto interno lordo: gli statunitensi sono 14esimi, mentre gli italiani sono 63esimi, dopo Togo e Zambia, ben sotto le maggiori economie. In Italia solo il 37% degli intervistati , circo un terzo, è stato in grado di rispondere in modo adeguato alle domande, mostrando una valida competenza in tre dei 4 temi, come in Russia e peggio del SudAfrica. Peggio ancora la Cina, con solo il 28% di adulti a un livello adeguato. In testa alla classifica troviamo Australia, Canada, Danimarca, Finlandia, Germania, Israele, Olanda, Norvegia, Regno Unito e Svezia: qui le percentuali sono invertite rispetto al nostro paese, visto che qui oltre i due terzi della popolazione mostrano un’adeguata preparazione. Dati da approfondire e su cui tornare, per capire come innalzare la preparazione dei nostri connazionali e ridurre i rischi finanziari per gli individui.”