Si diceva nel precedente post delle forti perplessità degli addetti ai lavori in merito a quanto deciso in sede di Legge di Stabilità su innalzamento della tassazione del risparmio previdenziale (fondi pensione e Casse privatizzate) e compensazione con il credito d’imposta per investimenti “nell’economia reale”. Che la mossa abbia tutto l’aspetto di un “vincolo di portafoglio” appare chiaro: investi dove dico io e ti do un vantaggio fiscale. Posto che rispetti i crismi di costituzionalità e di compliance europea, si tratta di vedere cosa dirà il decreto che dovrà definire in cosa potranno investire fondi pensione e Casse, per ottenere un credito di imposta, con un tetto di 80 milioni di euro annui “a rubinetto”: un’opportunità destinata in buona sostanza a chi arriva prima.
Si tratta cioè di capire quale sarà “l’universo investibile” che si cercherà di considerare nel decreto: il sottosegretario Baretta più volte ha invitato a considerare la sottoscrizione di quote di Invimit, Investimenti Immobiliari Italiani, la Sgr immobiliare chiamata a dismettere gli immobili pubblici; di tutt’altro avviso Cassa Depositi e Prestiti che vorrebbe aggiungere al risparmio postale anche quello previdenziale degli italiani; o almeno di quelli che hanno aderito volontariamente alla previdenza complementare e di quelli che non possono evitare di versare i loro contributi alle Casse. Banda larga, infrastrutture, credito agevolato per le imprese: le idee (e le necessità) non mancano. Non si può certo escludere che altri soggetti si sentano autorizzati a suggerire altre soluzioni, anche se non coerenti con gli obiettivi previdenziali delle pensioni di primo pilastro e di scorta. Un vero e proprio assalto alla diligenza previdenziale.
Quel che è certo è che molto difficilmente il Pil nazionale potrà ricevere una spinta positiva da questa operazione. E pensare che sarebbero bastate poche semplici mosse per risultati più efficaci: come per esempio ridurre l’obbligo di contabilizzazione mark-to-market di alcuni titoli come i BTp, per destinare diversi miliardi nei portafoglio dei fondi pensione all’economia reale. Quanti? Nelle gestioni previdenziali vi sono circa 29 miliardi di euro, di cui è necessario mantenere subito liquidabile non più di un terzo.