Un po’ come la tela di Penelope, la Busta arancione è stata annunciata per anni dai Ministri del Lavoro in convegni, audizioni e dibattiti, per poi essere affossata nelle stanze di via Veneto. Il rischio di perdere voti ha fatto premio su una serie lunga di buone motivazioni per cui la Busta arancione (dal colore dell’informativa comunicata ai lavoratori svedesi) deve essere inviata. Per ultimo, l’accresciuta incertezza sul primo pilastro previdenziale: complice la crisi, per 10mila euro versati, lo Stato ne restituirà 9.980,73. Conoscere il proprio destino previdenziale è una questione di civiltà, che molti altri paesi europei hanno fatto propria. La norma inoltre è in attesa di attuazione da 19 anni: da quando venne resa obbligatoria (art.1, comma 6della legge 335/95) da Dini e Treu; quest’ultimo, da commissario Inps, ha recentemente ha dichiarato che a fine anno partirà l’ennesima sperimentazione. La decisione di dire ai lavoratori quanto potranno (all’incirca) incassare di pensione è una decisione politica; di certo non è un problema tecnico, visto il proliferare di tool in materia. Quella del MInistro Giuliano Poletti è l’ultima chances per evitare che a fornire questa informativa sia un governo commissariato, come accaduto in Grecia con la Troika.
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