Niente da dire su quanto sottolineato dal Ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan in audizione sul disegno di legge Stabilità.
“L’aliquota sui fondi pensioni e quella applicata alla rivalutazione del Tfr resta comunque decisamente inferiore a quella ordinaria applicabile alla generalita’ dei redditi di natura finanziaria (che sono tassati con aliquota del 26 per cento)”. E’ vero, messi così i numeri sono incontrovertibili. Con il disegno di legge di stabilita’, l’aliquota applicabile ai rendimenti del patrimonio mobiliare dei fondi pensione sale dall’11,50% al 20% e l’aliquota applicata alla rivalutazione del Tfr dall’11% al 17%. Una mossa che comunque provoca qualche distorsione. E’ singolare che versando il proprio Tfr ai fondi pensione – che detengono in portafoglio circa 25 miliardi di titoli di Stato italiani – si paghino un’aliquota del 20% sui rendimenti prodotti annui, in altre parole 1 euro di guadagno su 5 ogni 12 mesi; mentre investendo autonomamente, da “cassettista”, si paga solo il 2 per mille come patrimoniale sulle giacenze e nulla sui rendimenti annui prodotti. A scadenza chi versa il Tfr a un fondo pensione paga un’aliquota che parte dal 15% mentre il “cassettista” paga il 12,5%. Solo per adesioni trentennali l’aderente alla previdenza complementare vedrà ridursi l’aliquota: dello 0,3% per ogni anno oltre il 15esimo anno di adesione. Come dire, un atto di fede. Chissà quali saranno i calcoli che farà fra (almeno) quindici anni il ministro dell’Economia italiano in carica.