Aumenterà oppure no la tassazione sui rendimenti dei fondi pensione? E’ una di quelle misure che ricadono sotto la dicitura giornalistica di “controversa”: il progetto del governo di aumentare il prelievo all’11,5 dall’11% è stato lanciato dal Governo punta a raccogliere la ”provvista” necessaria per evitare (“sterilizzare”) l’aumento della tassazione al 26% dal 20% per le casse previdenziali dei professionisti; che dal punto di vista fiscale vengono trattate come un fondo comune di investimento o un fondo speculativo. Anche l’esistenza di una tassazione sulle plusvalenze maturate anno per anno appartiene alla categoria del paradossi: dopo anni di attesa l’analoga misura è stata cancellata dal regime fiscale dei fondi comuni, resta invece a ridurre nel tempo le pensioni future di chi ha correttamente deciso per tempo di costruirsi una seconda pensione, complementare a quella di primo pilastro. Resta il fatto che messa così l’operazione appare quasi una partita di giro a saldo zero: si alleggerisce il primo pilastro ai danni del secondo. Ma in realtà sono pochi i sottoscrittori di entrambe le posizioni.
E poi è tutto da capire cosa significa quanto annunciato, ossia che i due regimi fiscali andranno ad allinearsi dopo una fase che si indovina transitoria: aumentare la tassazione dei fondi pensione sicuramente non incentiverà ad aderire i moltissimi che ancora non hanno deciso di costruirsi una pensione “di scorta” con lo strumento specifico per coprirsi dal rischio di sopravvivere al proprio denaro, preferendo invece magari il fai da te (immobili, BoT, fondi comuni, lingotti o esotismi vari); se non rinunciando in partenza a fare alcunchè e incamminandosi verso un futuro da indigenti. C’è un punto che però arrovella i tecnici: il gettito previsto dall’aumento della tassazione sarebbe di 24-28 milioni di euro circa, mentre il costo della “sterilizzazione” è di 20 milioni; dal che il quesito su come ridurre il prelievo.