E' noto che le specie che sopravvivono non sono e più forti ma quelle che meglio sanno adattarsi al cambiamento. Spesso pero' e' difficile sintonizzarsi con il proprio presente, anche in materia finanziaria: per l'investitore retail ma anche per gli istituzionali, che dovrebbero invece avere competenze raffinate per gestire rischi e fluttuazioni. I mercati, cioè chi vi lavora, in questa fase fa fatica ad allinearsi con i nuovi paradigmi. Le misure straordinarie messe in campo per fronteggiare la crisi sono considerate dai più – appunto – straordinarie e quindi provvisorie, pronte a essere messe da parte.
Ma ciò che e' più interessante notare e' che razionalmente la gran parte di chi si occupa di gestire fondi pensione, enti previdenziali e fondazioni condivide la necessita' delle iniezioni di liquidita' della Fed con il quantitative easing e dalla Bce con il Ltro; ma ciò spesso non si radica nei comportamenti e delle scelte di portafoglio, aumentando il rischio di scelte erronee. L'ultima conferma viene dal sondaggio realizzato tra luglio e agosto da Allianz Global Investors a livello europeo sulle aspettative di mercato, i rischi e le regole dello scenario finanziario internazionale dominato dalla cosiddetta "financial repression", ossia dal pressing messo in atto da regulator e banche centrali, nel post Lehman.
Un pressing piu' tollerato che condiviso, come emerge dalle risposte degli interpellati: il 55% di loro ritiene che il Qe abbia aumentato i rischi, il 37% che ha creato bolle e distorto i mercati, ma quando si arriva alle scelte operative ecco le risposte più significative: solo il 27% ritiene che il nuovo contesto imposto dai regulator rappresenti un problema per la qualità della gestione finanziaria, con il 31% soddisfatto di contro e un 15% molto soddisfatto.
Eppure solo l'11% degli investitori istituzionali contattati da Allianz ritiene che da qui a tre anni il clima sarà migliorato, con un gestore su due negativo; scontenti anche per le ripercussioni sui costi: salgono per il 73,2% di loro, con un calo di rendimento del 2,3%. Schizofrenia? Per buona parte degli istituzionali il doping monetario e' una medicina inevitabile ma amara, che costringe a rivedere i pilastri stessi della gestione: la duration di portafoglio soprattutto e l'asset allocation dinamica. La diffusa inefficienza di questi fattori e' la spia di chi non accetta la financial repression e fatica ad adattarsi ai nuovi paradigmi interpretativi del nuovo ordine finanziario. Che se anche non piace, e' quel treno in corsa contro al quale e' bene non andare.