In questi giorni gli enti previdenziali dei professionisti italiani stanno pubblicando sui loro siti i bilanci 2012: e questo è già un passo in avanti, visto che fino a poco tempo fa la pratica di rendere pubblici i bilanci in modo trasparente sul web veniva scartata dai vertici delle Casse, animati da una riservatezza degna di miglior causa. Anche grazie alle battaglie di questo giornale, gli aderenti a questi strumenti previdenziali hanno qualche diritto in più (non foss'altro perchè sono adesioni obbligatorie non volontarie e su un tema delicato quale la pensione).
I bilanci appaiono sul web ma dentro quello che si legge difficilmente soddisfa la sete di trasparenza: lo scorso anno l'andamento dei mercati è stato positivo ma nemmeno quando le borse sono scese è mai apparsa in bilancio la parola "perdita". Perchè? Chi è stato eletto alla guida degli enti non ama mettere a bilancio una minusvalenza, piuttusto si preferisce esercitarsi in arditi esercizi di sinonimi: disallineamento, risultati temporaneamente insufficienti, soddisfazione solo parziale. Anche se gli asset investiti vedono un calo di
Questo perchè i criteri di redazione dei bilanci non è definito in modo rigoroso e condiviso. Ma d'altronde non esiste nemmeno l'obbligo di custodire gli attivi in una banca depositaria, come invece accade per il risparmio gestito e per i fondi pensione – strumenti molto più trasparenti anche se non obbligatori. Il mandato di gestione è discrezionale e non vincolato a un bando di gara pubblico: con quel che ne segue in termini di qualità della gestione e dei gestori, come sanno bene i magistrati che indagano su alcune operazioni realizzate da alcune Casse negli ultimi anni. La governance ha il sapore del fai date: ("guai a mettere il naso negli affari privati"); tanto meno ci sono obblighi di registrazione dei dati sensibili. Si racconta che l'uscita di un direttore generale di un Ente sia coinciso con la cancellazione totale di tutto il database: ci sono volumi molti mesi per ricostruire tutti i contratti in essere tra l'ente e i fornitori. E non è detto che tutto sia stato ricostruito.
Discrezione anche criteri e limiti di gestione del portafoglio. Finora la vigilanza era affidata ai ministeri: ma l'atenzione è stata a dir poco scarsa. Ora lì'esecutivo ha incaricato della vigilanza del patrimonio la Covip, commissione vigilanza sui fondi pensione, è stata incaricata di definire questi criteri e limiti, per evitare le eccessive esposizioni in alcuni asset che si sono verificate in passato: troppo mattone, troppe obbligazioni Lehman, troppi strutturati hanno ingessato la gestione di protafoglio dei professionisti italiani. La commissione, insieme al ministero del Tesoro, sta chiudendo la revisione del decreto su criteri e limiti di investimento dei fondi pensione, e ora sta mettendo mano a quella delle casse. Già da mesi, in ogni caso, ha iniziato l'attività ispettiva sul patrimonio finanziario degli enti. I ben informati dicono che il livello di problematicità riscontrato in quei portafogli è straordinariamente superiore a quello dei fondi di secondo pilastro. Per questo in molti scommettono sul fatto che la moral suasion utilizzata in alcuni casi con la previdenza complementare non basta e che saranno messi in campo diverse strumenti per gestire le criticità.