Che sia stato un anno positivo il 2010 per le gestioni dei fondi pensione di categoria e per quelli aperti, lo testimonia il confronto con l’inflazione e con il Tfr. Ma il risultato sarebbe stato decisamente superiore se il dato fosse depurato dalla performance delle linee che forniscono una garanzia di rendimento: la loro alta esposizione ai titoli di stato, soprattutto i BTp italiani oltre che i Bund tedeschi. Che nell’ultimo trimestre dell’anno hanno visto salire i rendimenti e scendere le quotazioni, zavorrando le performance di queste linee, oltre che di quelle più prudenti, cioè a maggior contenuto obbligazionario. Parrà paradossale ai più, ma uno dei "totem" della recente e meno recente gestione finanziaria, il titolo di stato di un paese Ocse ad alto rating, è proprio quello che ha procurato più grattacapi nel 2010.
I numeri, dunque: i negoziali hanno chiuso l’anno con un rendimento medio ponderato (per patrimonio dei comparti) pari al 3% mentre gli aperti hanno registrato performance del 3,3%; entrambi hanno doppiato il tasso di crescita dell’inflazione, che secondo l’Istat è salita nel 2010 mediamente dell’1,5% (+1,9% a dicembre); e hanno battuto anche il trattamento di fine rapporto, attestato lo scorso anno al 2,61% (in virtù del suo meccanismo di calcolo: 75% dell’inflazione più l’1,5%).
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Senza calcolare l’apporto offerto dalle linee garantite, la performance media dei negoziali sarebbe risultata superiore di quasi un punto percentuale. E inoltre, nonostante una performance non particolarmente brillante dei mercati azionari, i comparti dinamici si sono rivelati i più brillanti: tra i negoziali oltre il 9% per Foncer (ceramica) e Solidarietà Veneto (fondo regionale), tra gli aperti picchi di oltre il 18% per Eurizon (gruppo Intesa Sanpaolo) e oltre il 15 per Allianz. I dati raccolti da Assofondipensione consentono di analizzare le gestioni in un orizzonte temporale più ampio: la valutazione sulla dinamica dei fondi pensione va fatta nel lungo periodo, in relazione soprattutto della durata dell’adesione. Il rendimento medio annuo composto dei fondi di categoria si attesta al 2,27%, poco sotto quello del Tfr, al 2,57%; ma è il caso di ricordare che il quinquennio in questione considera uno dei momenti peggiori della storia borsistica, ossia la crisi culminata nell’autunno 2008. Buona la performance anche dei fondi pensione aperti, con punte che raggiungono e superano in alcuni casi un rialzo del 15% negli scorsi dodici mesi.
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Ma chi è danneggiato dalle difficoltà delle linee garantite? Non chi va in pensione, o chi perde il posto di lavoro o in caso di invalidità, decesso o anticipazione per spese sanitarie (gli eventi previsti dalla normativa): in questi casi è il gestore o la compagna che gestisce il comparto a farsi carico della differenza tra il valore quota e la garanzia offerta (in un terzo dei casi la rivalutazione del Tfr stesso). Garanzia che invece non scatta in caso di passaggio ad altro fondo o ad altro comparto. Qual’è la soluzione? «Le modalità più efficienti per gestire i comparti garantiti – dice Flavio Casetti, segretario generale di Assofondipensione, l’associazione che rappresenta i negoziali – secondo noi sono le gestioni separate: offrono la possibilità di consolidare i risultati e offrono la loro garanzia a prescindere dagli eventi. È paradossale, peraltro, che tutti possono investire in gestione separate, per esempio i fondi pensione preesistenti come Previndai o il Mario Negri, ma non i fondi di nuova generazione».
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