«La nostra Commissione non ha il compito istituzionale di suggerire ai vertici di una Cassa di non fare un investimento o di farne un altro. Però abbiamo il timore che queste strutture previdenziali abbiano sottoscritto, in alcuni casi specifici, strumenti inadeguati alle proprie esigenze e potenzialmente pericolosi. Analogamente a quanto hanno fatto centinaia di comuni italiani cui le banche d’affari hanno venduto derivati, seguendo il proprio interesse e non quello dei proprio clienti, ossia gli enti locali stessi». L’onorevole Giorgio Jannone (presidente della Commissione bicamerale per il Controllo sull’attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale) non nasconde la propria preoccupazione per la stabilità di alcune tra le Casse dei professionisti. Per questo ha messo nella sua agenda autunnale, un’indagine sui loro bilanci.
Da cosa partite?
Dai bilanci 2005, poi passeremo ai bilanci 2006 e 2007. Siamo in arretrato, per molte ragioni, tra le quali il rinnovo del Parlamento. A noi spetta il compito di verificare la capacità delle Casse di garantire il turnover pensionistico, analizzando i conti di queste strutture. Questa è la nostra priorità.
Quali sono le prime impressioni?
A oggi parrebbe che la maggior parte delle Casse evidenzi problemi più o meno seri a questo riguardo,anche se non possiamo certo dire che tutto sia intellegibile. Per questo pensiamo di rivolgere alcuni inviti formali alle Casse, per esempio in materia di trasparenza e scelte di investimento: non vorrei che per rimediare a errori compiuti in questa materia si debba in futuro decidere di innalzare i contributi a carico degli iscritti.
Come pensate di intervenire?
Posto che è bene evitare di appesantire l’operatività dei soggetti con imposizioni e posto anche che esistono già delle norme stringenti nel Codice Civile, è necessario a mio giudizio introdurre elementi di audit e di controllo nella gestione delle Casse, come per esempio l’obbligo di una banca depositaria, chiamata a concedere il via libera a un’operazione finanziaria solo se conforme ad alcuni parametri indicati; in modo da ridurre la discrezionalità di alcune scelte. Sarebbero inoltre utili norme che separino i ruoli di consulente, di promotore e di amministratore.
Molti amministratori sono perplessi su come viene gestita la propria Cassa. E nei Cda lo fanno mettere a verbale…
Questo non basta. Così come non basta che un consigliere esca dalla stanza dove il Cda deve votare una decisione che lo coinvolge patrimonialmente, perché magari è consulente di una società che potrebbe avere benefici da quella decisione. Meglio intervenire per evitare qualsiasi dubbio. E per far ciò può rendersi necessario un intervento legislativo in sede parlamentare.
Alcuni individuano nelle obbligazioni strutturate l’elemento di maggior opacità…
Sarebbe grave scoprire poi che chi le ha piazzate nei loro portafogli aveva anche un ruolo nelle Casse. La mia impressione è che il fenomeno delle strutturate stia alle Casse come i derivati stanno alla Pubblica amministrazione: ancora non abbiamo un quadro completo del danno provocato dalla vendita di questi strumenti da parte delle banche d’affari a centinaia di comuni italiani. Anche perché chi li ha venduti ha avuto un interesse enorme a farlo. Noi abbiamo poteri limitati, siamo un organo di controllo e verifica. Ma eserciteremo tutte le prerogative che possiamo esercitare per fare luce su quanto accaduto.