Il rendimento dei fondi pensione negoziali nel corso dell’ultimo anno è stato negativo per il 2,29%: è questa la media aritmetica dei rendimenti medi ponderati dei fondi di categoria nel corso degli ultimi 12 mesi, a partire dal 31 maggio del 2007. Da quando cioè hanno iniziato a farsi sentire in maniera evidente sui mercati finanziari gli effetti della crisi subprime Usa, che ha poi contagiato le Borse internazionali e indotto rilevanti ribassi sui listini azionari. Crisi i cui effetti sono stati di conseguenza scaricati sulle posizioni previdenziali di circa due milioni di lavoratori dipendenti privati. Nello stesso periodo la rivalutazione del trattamento di fine rapporto è stato positivo per circa il 3%. Chi si aspettava di leggere buone notizie, non getti a questo punto la spugna e abbia un po’ di pazienza: in previdenza infatti, le difficoltà che si registrano in un periodo di breve termine come un anno possono trasformarsi in situazioni premianti considerato un periodo più lungo.
Il rendimento dei fondi pensione negoziali nel corso dell’ultimo anno è stato negativo per il 2,29%: è questa la media aritmetica dei rendimenti medi ponderati dei fondi di categoria nel corso degli ultimi 12 mesi, a partire dal 31 maggio del 2007. Da quando cioè hanno iniziato a farsi sentire in maniera evidente sui mercati finanziari gli effetti della crisi subprime Usa, che ha poi contagiato le Borse internazionali e indotto rilevanti ribassi sui listini azionari. Crisi i cui effetti sono stati di conseguenza scaricati sulle posizioni previdenziali di circa due milioni di lavoratori dipendenti privati. Nello stesso periodo la rivalutazione del trattamento di fine rapporto è stato positivo per circa il 3%. Chi si aspettava di leggere buone notizie, non getti a questo punto la spugna e abbia un po’ di pazienza: in previdenza infatti, le difficoltà che si registrano in un periodo di breve termine come un anno possono trasformarsi in situazioni premianti considerato un periodo più lungo.
Il rendimento dei fondi pensione negoziali nel corso dell’ultimo anno è stato negativo per il 2,29%: è questa la media aritmetica dei rendimenti medi ponderati dei fondi di categoria nel corso degli ultimi 12 mesi, a partire dal 31 maggio del 2007. Da quando cioè hanno iniziato a farsi sentire in maniera evidente sui mercati finanziari gli effetti della crisi subprime Usa, che ha poi contagiato le Borse internazionali e indotto rilevanti ribassi sui listini azionari. Crisi i cui effetti sono stati di conseguenza scaricati sulle posizioni previdenziali di circa due milioni di lavoratori dipendenti privati. Nello stesso periodo la rivalutazione del trattamento di fine rapporto è stato positivo per circa il 3%. Chi si aspettava di leggere buone notizie, non getti a questo punto la spugna e abbia un po’ di pazienza: in previdenza infatti, le difficoltà che si registrano in un periodo di breve termine come un anno possono trasformarsi in situazioni premianti considerato un periodo più lungo.
ACQUISTARE A PREZZI BASSI
Come spiegato su «Plus24» di sabato scorso, («L’uscita tattica del Tfr? Ecco perché non conviene»), l’acquisto di quote di fondi in una fase di discesa dei mercati finanziari produce nel tempo risultati migliori, rispetto ai tentativi di trasferire la propria posizione, seguendo l’umore dei mercati. Scappare e capitalizzare le perdite di periodo, poi, spinge l’aderente ad affrontare disarmato un altro rischio, quello della mancata opportunità: come ben sanno gli investitori che sono usciti dalle Borse impauriti per gli effetti dell’11 settembre sui listini mondiali e non hanno sfruttato i rialzi di oltre il 60% registrati dai mercati internazionali tra il 2003 e il 2007.
IL BREVE E IL LUNGO PERIODO
Per questo abbiamo analizzato sia i risultati di gestione più recenti sia quelli storici; che per i negoziali sono brevi, visto che il loro track record raramente raggiunge gli otto anni. Anche per questo è interessante analizzare le performance dei fondi pensione preesistenti, che talvolta hanno una storia ben più lunga: anche se non è solo finanziaria, visto che possono investire anche in immobili e in strumenti assicurativi, elementi che ne rendono più efficiente e stabile la gestione. Ciò non significa che il lungo termine vince sempre: a far la differenza, l’asset allocation strategica, i costi applicati e la capacità del gestore di ottenere performance in grado di battere i benchmark. Ma considerando un periodo confrontabile con le esigenze previdenziali di un lavoratore, che resta in un fondo pensione in media per 20-25 anni, è davvero difficile non trovare rendimenti a doppia e talvolta anche a tripla cifra percentuale: com’è appunto il caso di alcuni fondi pensione preesistenti.
IL METODO D’ANALISI
Le tabelle riportano le performance di tutti i comparti dei fondi pensione; anche se sono poco significativi quelli che hanno meno di un anno di vita (le società che analizzano i fondi comuni attendono il terzo anno di vita per esprimere un giudizio sulle gestioni) e altrettanto i compari "garantiti", introdotti dalla legge sul trasferimento del Tfr (252/2005) e che si prefiggono l’obiettivo di garantire il capitale versato oltre ad un rendimento comparabile con quello del Tfr. È da specificare che nel calcolo sono state prese in esame le quote dal 31 maggio 2007 al 31 maggio 2008, mentre la ponderazione è stata realizzata sull’ultimo dato trimestrale relativo alla distribuzione del patrimonio tra le linee dei singoli fondi pensione. Si tenga presente che per i preesistenti sono stati presi in esami i dodici fondi pensione di maggiori dimensioni. I risultati parlano da soli, anche se le tabelle raccontano di storie previdenziali relative a periodi non confrontabili tra di loro. Ciascuno può qui trovare il proprio fondo e la propria linea di investimento; e fare un confronto con le altre. Quindi dividere ciascuna performance per il numero di anni che sono stati necessari per produrla, per decidere se i risultati possono essere considerati soddisfacenti.
Andrea Curiat
Marco lo Conte