I mutui, i tassi e il fascino sottile dei rischi estremi

La maggioranza vince e, in democrazia, decide. Ma che abbia ragione è tutt’altro discorso. In politica alcuni tra i peggiori regimi totalitari sono andati al potere a furor di popolo, tramite il passaggio delle consultazioni democratiche. Se la maggioranza vince non è detto che ha ragione, anche nelle scelte finanziarie. Si potrebbe discutere per ore nel dettaglio chi ha ragione – dal punto di vista della convenienza – tra chi sceglie oggi di sottoscrivere un mutuo a tasso fisso o variabile.
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Per farla breve, conviene sicuramente quello variabile non solo e non tanto perchè costa di meno, ma perchè è ridotto il rischio che i tassi salgano (per il momento assai ridotto, a vedere le prospettive dell’inflazione europea) e perchè nei primi anni di vita del mutuo la quota interessi è preponderante rispetto a quella sul capitale; poi il costo del denaro può anche salire molto, ma l’impatto sulla rata è mitigata dalla minor incidenza della quota interessi sulla stessa. Vi consiglio per approfondire la materia il recente articolo e l’ultimo video di Vito Lops sull’argomento. Ciò detto, è tuttavia interessante rilevare come ormai il 90% di chi stipula un nuovo mutuo (surroghe comprese) lo fa a tasso fisso. «Pago di più ma almeno so quanto: è la mia assicurazione sul rialzo dei tassi e sul rischio che l’euro si rompa ed esploda l’Europa». A parlare è un follower del Sole 24 Ore che così ha commentato sui social la notizia. A poco sono valse le controargomentazioni di un bancario che sottolineava come le banche spingano il tasso fisso perchè è più remunerativo per gli istituti di credito.
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La dinamica è nota, ma quel che preme qui sottolineare è l’attrazione della stragrande maggioranza dei risparmiatori per strumenti che tutelino dai cosiddetti cigni neri, ossia gli eventi estremi che, negli ultimi anni, abbiamo imparato a non sottovalutare. Fanno bene? Fanno male? Un confronto razionale e matematico tra due prodotti si può fare senza problemi (come quello accennato poco fa), con esiti quantificabili e certificabili. Ma l’impatto dirompente dell’evento estremo sulla nostra emotività non è calcolabile. Ansia e paura non fanno ragionare e ciò rappresenta un fattore di rischio. Il panico ha però salvato diverse persone che lavoravano al World Trade Center, fuggite dopo il primo attacco. Che possibilità che ciò accada di nuovo?